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Channel: L'irôla de'«Filés»
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Indice 2007-2014: Presentazioni ed Attualità

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Annunci, guide, presentazioni e attualità filese  

Data – Titolo dell’articolo / Autore / Contenuto / Link per l’accesso diretto

Presentazioni e Guide / a.v. /:
12.09.07 - I libri di Agide Vandini - Opere pubblicate: titoli, prezzi, reperibilità, contenuti –
13.09.07 - Perché un blog del «Filese»          - Cosa vuol essere il blog –
13.09.07 - Ai margini della grande storia / Rita Tamba /Conversazione con A.Vandini, brani di alcune opere –
18.12.07 - Incontro ad Argenta - Presentazione ad Argenta de’ «La valle che non c’è più»
29.12.07 - L’irôla, simbolo del blog -L’arola del focolare diviene simbolo del blog. Motivazioni e significati
11.02.08 - Autentico successo per “L’intrigh dla Ciavga d’Legn” - La “prima” della commedia «filese» di D.Tasselli
03.04.08 - L'intrigh dla Ciavga d'Legn ad Alfonsine - La commedia rappresentata ad Alfonsine per beneficienza.
27.10.10 – Un nuovo battesimo per Giancarlo Spagnolini... - Il neo romanziere è una vecchia conoscenza.
11. 03.11 -  Un Meteo dedicato a Filo - Una chicca in più per gli internauti filesi
16.02.12 – Piccola guida per il lettore dell’Irôla - come navigare all’interno del blog
30.04.14 - I «Quaderni» dell’Irôla - a.v. - Come si potranno raccogliere gli approfondimenti del blog


Eventi e Commenti dei nostri giorni:
10.10.07 - Faremo tutti come Palutina? - a.v. -          Le pietose condizioni della Provinciale per Filo-Longastrino
10.10.07 - Festa per la «Banda del Gelato alla Fragola» - a.v. -         La combriccola filese degli anni ’60 che si ritrova ogni anno.
15.10.07 - Palutina può gettare la spugna… - a.v. - Dopo la parziale sistemazione della Strada Provinciale
05.11.07 - Risparmiatori defraudati - B.Carlotti e a.v. -         Dal vecchio caso Giuffrè al recente crac Coop.Costruttori.
08.02.08 - L’economia filese fra presente e futuro -  a.v. - Il convegno sul tema organizzato dalla Fondazione «Primaro»
15.04.08 - Elezioni politiche a Filo - a.v. - Risultati elettorali filesi (dati aggregati di Filo (FE) e Filo (RA).
06.05.08 - Rivediamo le foto di scuola - a.v. - Annuncio mostra fotografica: « Gruppi scolastici filesi in bianco e nero »
15.06.08 - Cento candeline per nonna Marcella  - a.v. e B. Carlotti - Omaggio alla neo centenaria nata a Chiavica di L. di Filo.
04.05.09 – Il periodico «Dintorni» parla di noi - a.v. –L’«Irôla» finisce sulla carta stampata.
03.06.09 – Complimenti alla «Geppa» - a.v.-  L’ultracentenaria filese prossima ai 103 anni.
04.06.09 – Un appuntamento da non mancare –a.v. -Festa «Bellaciao» a Filo
20.07.09 – Luoghi e gente del filese - a.v. - Le premiazioni al concorso fotografico di « Filo è festa ».
16.01.10 – Inaugurato l’impianto sportivo di Filo - a.v. - Un paese che vuole rinascere anche in campo sportivo
05.02.10 – Una carpa da brividi… / Gabriele Andraghetti . /A j ò tiràt sò una göba da incurnišê
13.03.10 – Una sala dedicata a Pëcia (Werter Leoni) - a.v. - Inaugurata a Filo la rinnovata Casa del Popolo ravennate
25.04.10 – E’ ormai tempo di sagra… - a.v. - Tutti alla rinomata Sagra del pesce azzurro
06.06.09 – Novità per l’estate filese... - a.v. - Interessanti iniziative dei due consigli di frazione
18.08.10 – Una bella serata ... - a.v. - Si è chiuso con successo il ciclo dedicato ai Talenti filesi
29.12.10 – Sant’Agata : ritorno ad una Festa antica - Fulvia Signani - A Filo già fervono i preparativi
31.01.11 – Reclutamento per ‘Legati da un Filo’ – Fulvia Signani -  Festa di Sant’Agata e non solo
19.02.11 – Amici per il midollo – Fulvia Signani. – Dedicato a chi sa donare al prossimo
20.03.11 – I cent’anni di Zio Pippo - a.v. - 20 marzo 2011, una festa speciale
13.04.11 – Il programma della Sagra di Filo - a.v.  -  Ormai prossima la Sagra del Pesce Azzurro 
15.05.11 – Riproposta la mostra fotografica del 2005… - a.v. - “Filo: Lotte Agrarie, Antifascismo e Resistenza” ad Argenta
24.05.11 - Per il referendum del 12-13 giugno-  Agnese Brunelli  – Un’iniziativa al parco GP Coatti
26.05.11 – Festa della Madonna del Rosario - a.v. -  Domenica 29 maggio – Parrocchia S.Agata Filo
25.06.11 – I “Talenti Filesi” dell’Estate 2011  - a.v. - Ecco il programma
19.09.11 – Sagra degli antichi sapori – a.v. -  Le date e il programma
21.12.11 – Le feste di fine anno in paese-  a.v.  – Il Comitato «Legati da un Filo» annuncia le sue iniziative
30.01.12 –  E’ festa a Filo -  a.v.     Il programma di Sant’Agata 2012.                   LINK
11.02.12 – C’è un po’ di Filo nel presepe di Fossalta – a.v. -  Meritato riconoscimento ai parrocchiani di Don Romeo Cantelli
06.04.12 -  Festa per la Liberazione di Filo - a.v. - Il programma di Sabato 14 Aprile
30.04.12 – 14 aprile, anniversario della Liberazione – a.v. - Una bella festa a Filo
02.05.12 -  Sagra del Pesce Azzurro 2012 - a.v. - La 27ma Edizione della Sagra filese
10.06.12 – Benvenuto Morgan - a.v. - Un nuovo amico a tre mesi dalla scomparsa di Athena
21.08.12 – Fra pochi giorni a Filo… - a.v. - Sagra degli antichi sapori 2012
22.08.11 – D’estate a Filo: Cineforum e Talenti-  a.v.  –Gli appuntamenti di questa settimana
30.08.12 – D’Estate a Filo: La mia America -  a.v.  – Stasera a Filo chiude la rassegna 2012
02.09.11 - Invito a Cà Malanca - a.v. - Sui monti di Romagna si ricorda la  battaglia di Purocielo
10.12.12 – Il ritorno del fantasma – La riapparizione del Berlusca : vignetta di Romano S.V. e corsivo del “filese”
30.1.13 - C’era una volta...la puletica... - La campagna elettorale vista da Romano S.V.
20.2.13 - Ultimi battibecchi - Titoli di coda per la campagna elettorale - vignetta di Romano Saccani Vezzani
27.05.13 - Il debutto di Gigi e Lara - Le foto alla Casa di Riposo di Bagnacavallo
29.05.13 - Don Gallo – Romano Saccani Vezzani - Alle soglie del Paradiso
01.06.13 - Due vignette senza parole - Romano Saccani Vezzani -
27.10.13 - Sagra degli Antichi Sapori 2013 - Una Nuova Edizione della sagra autunnale filese
09.12.13 - Le Primarie Democratiche a Filo.. - I risultati delle votazioni
22-03-14 - Zio Pippo ne fa Cento e Tre… - a.v. - Festa di compleanno alla Casa di Riposo di Alfonsine
14.04.14 -  A 69 anni dalla Liberazione a Filo… - a.v. - Una bella festa alla Casa Comunale 
25.04.14 - Sagra del Pesce Azzurro 2014 – a.v. - La locandina
10.05.14 - Ali filanti nel nostro cielo … - Gian Paolo Vanzini - Un articolo di «Dintorni» dedicato al nostro Campo di Volo
10.05.14 - Che serata al Cantòñ de’ Paradiš… - a.v. - Con Angela Corelli e l’Allegra Compagnia «Canta che ti passa»
15.10.14 - Sagra degli Antichi Sapori 2014 – a.v. - La sagra autunnale filese
20.12.14 - Oggi è sceso un angioletto… - a.v. - E’ arrivata fra noi Arianna Vandini
31.12.14 - Una poesia e… - I primi auguri di Arianna di Orazio Pezzi e a.v.

Indice 2007-2014: Favole poesie e racconti

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Favole, poesie e racconti che si richiamano al nostro ambiente, al territorio, alla sua gente


 Autore ; Data – Titolo dell’articolo / Contenuto / Link per l’accesso diretto

Agide Vandini:
28.10.07 - La Fôla d’Mingon ... - Mingon e la principessa degli indovinelli (nella versione di Cömo)
15.03.08  - Mêrz int la val, poesia dialettale dedicata ad un ambiente naturale che non c’è più
19.11.08 - La piadina rumagnôla - Una buona ricetta fra storia e versi pascoliani.
24.11.08 - E’ fat ad Bigiöla - Minghetti Luigi (senior) e la sua storia verissima
27.11.09 - Quando l’URSS faceva ancora sognare … -         Una zirudëla degli anni ‘50
30.03.10 - E’ tempo di “Non ti scordar di me” - La leggenda dei fiori di campo in una vecchia poesia
23.05.10 - Siamo europei, ma... - E’ bšogna magnê un sàc ad sêl insèm, prema d cgnòsar òñ
04.10.10 – Sonetti e dialetto sotto le stelle …- Alcune mie poesie lette ai filesi

Orazio Pezzi:
21.11.07 - Due belle poesie - “Filo” e “Campagna”, poesie dedicate al nostro territorio.
01.12.08 - Due poesie su cui meditare -         «Me e la machina» e «Qui Siamo»
09.04.09 – Tre fantasie poetiche –  «D’Infinito», «Giorni d’amore», «Cieco»
17.05.09 – Non sempre i miracoli vengono a fagiolo - Composizione dialettale.
16.06.09 – Pane e olio –  «Quattro Luglio» e «Le tre rose»
11.08.09 – L’aqua bóna de’ Trumbòñ/ a.v.e Orazio Pezzi -Storia e poesia intorno alla vecchia fonte filese
03.10.09 – Bellezze filesi mozzafiato -  Poesia dialettale «Dö Rumagnôli»
02.03.11 – Il ricordo della mamma - Poesia
23.04.11 – Un cuore che batte in dialetto – Due nuove composizioni “Pane e olio”
16.08.12 – Johnny par piasé... – Poesia dialettale
06.09.12 – Ma dove son finiti i brusacùl? - Una bella poesia e qualche meditazione
16.09.12 – Giovanni Pascoli, grande romagnolo  - Ricordo del poeta nel Centenario della morte
06.11.12 – Ma quale fine del mondo? –Una bella poesia dialettale
21.12.12 – Che sarà mai la fine del mondo – Una vignetta di Angelo Minguzzi e una poesia
31.12.12 – Arriva il 2013 – In una poesia dialettale uno speciale augurio ai filesi
03.12.13 - La môrt de’ ninèñ (La morte del maiale) - Racconto in dialetto filese di Orazio Pezzi
31.12.14 - Una poesia di Orazio Pezzi e…  Gli auguri di Arianna

Ezio Natali (Martìñ):
14.01.08 – Nasi e nasoni che ci fanno ancora sorridere… - a.v. – La parodia dei nasi filesi anni ’30 di Martin.

Angelo Minguzzi:
03.01.08 – Nadêl l’è un segn (e’ métar de’ Signór)– Poesia di Anžul d’Zižaron d’Mašira.
15.02.08 – Una bella zirudëla scritta per noi.. – Filastrocca dedicata alla nostra Irôlavirtuale
30.03.08 – E’ mi Signór… - Poesia dialettale.
13.07.08 – Quando un frutto diventa poesia… - Poesia dialettale dedicata alle pesche romagnole
20.12.08 – L’è Nadêl…           - Messaggio augurale e canto natalizio in dialetto
10.01.10 – Tempo d’inverno … - Due belle poesie per l’«Irôla»

Antonina Bambina:
10.10.08 – Lettera e poesia da Alcamo -        Un cuore filese ed un’emozionante poesia: Filo 1945.
15.04.09 – Alla gente di Abruzzo -   Poesia dedicata al terremoto
14.03.09 – Ci scrivono da Alcamo –  Fra bellezze siciliane e bellezze romagnole
17.10.09 – Povera gente di Messina – Una poesia dedicata al nubifragio.
19.12.09 – E’ un bianco Natale -  Versi, riflessioni e auguri natalizi.
29.01.11 – Sant’Agata a Filo, profumo di passato – Una poesia dedicata al ritorno dei festeggiamenti

Remo Ceccarelli:
21.10.08 – Storia di un «romagnolo dentro» - Remo Ceccarelli -      Sintìs rumagnul in Lusemburgh

Dario Lusa:
26.01.10 – I bei giorni di San’Agata – Lontani e dolci ricordi in poesia

Fulvia Signani:
28.08.10 – Quando il dialetto può diventare un Grande dono … - Fulvia Signani -  “Un regalo impagabile”

Settimio Coatti:
03.05.11 – C’è anche una “poetica” del Lavoro- a.v. - Le poesie dialettali e i disegni di Settimio Coatti

La «Vëcia» (La Vecchia)

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Racconto in dialetto filesediOrazio Pezzi
(Trascrizione, traduzionee notedi Agide Vandini - Disegni diRomano Saccani Vezzani)

La Vëcia

La Vëcia l'éra la Fësta ad quènd ch’a simi znì.
U j éra i žughètul dla Cà de’ Pòpul[1], e’ cino gratis ae’ dòpmeždè, soratŏt la véra fësta la s fašéva in cà la séra dla vžéglia. L'éra la Fësta dla Calzèta, chi calzĕt ad lëna da pastór, grĕnd e grŏs cun e’ pižgór, fët in cà dal nòstar mam.
L'éra la Fësta dla Vëcia cun la brèta e la garnê ad tamaréš sèmpar pronta da spazê ignaquèl.
Nŏñ tabëc a mitìmi i nóstar calzĕt tot intóran int e’ camĕn e pu « A lët prëst…» che la Vëcia la n duvéva briša truvês dĕst, sinö «Purĕt nŏñ…»: u j éra chêš ch’la tirĕs dret. A la matena al sì, a simi ža livé, tŏt curiùš d’arvarsê la Calzèta sŏ int la têvla dla cušena.
U j éra un pô ad carbòñ zucarê, una mlarènza, du mandarĕn, quàtar cócul, un turunzĕn, e un žugàtul ad lègn culurê ch’us rumpéva apèna tòc. A m dirì ch’u n'éra un gran chè, la Vëcia la n s'éra dêda un grañ da fê, mŏ mĕ a v dĕg invézi che par nŏñ l'éra una spécie ad miràcul; la cà l'éra pina d'aligrèia e tŏt i ridéva e i schirzéva in armunèia: par nŏñ tabëc l'éra còma rêsar in Paradìš.
Quènd pu ch’a fòsmi un pô piŏ grandì, u s fŏ dĕt a un zért pont: «Ormai a n sì piŏ babì e st'àñ la Vëcia la farà e’ su ùltum žìr, però, la v farà una surpréša che gnèñc a v l’imazinì…». A simi tŏt agité; apèna ch’è fŏ bùr e ch’avésum znê a tachésum la Calzèta e pu cal dòñ al s purtè int la stala dgènd: «Staséra gnit lët, stašì a quĕ par un'urèta, che pu a v ciamarèñ!».
“Mŏ s’a zuzidràl staséra?...”, an savìmi pröpi côsa imažinês… A v garantĕs ch’l'éra dura stê a lĕ a spitê, tènta l’éra la curiošitê.
Ëcco alóra ch’us arvè la pôrta dla stala e la Rĕza[2] l'as dgè: «Tabëc, adës a putì avnì in cà!».
Nŏñ a infilĕsum la pôrta ‘d córsa e a s farmĕsum a böca avérta daventi ae’ camĕñ.
La Vëcia l'éra in sdé sŏ int 'na scaràna, só int l'irôla, avstida ‘d négar, cun la brèta ‘d lena sóra ‘gli urëc’, cun un nêš lŏng e un pô pighê, e un bògn söta un öc’ indó ch’i s pugéva i ucél; u m paréva ch’l'avĕs nëca i bëfi.
A simi tŏt un pô parcusé, alóra la Rĕza la dgè: «Quèsta l'è la Befana! Coma ch’avdì l'è pröpi vëcia e la s'è straca ‘d žirundlê…».
U s paréva impusèbil, mŏ la Vëcia la s muvĕt, l'alzè un bràz. Nŏñ a šgranĕsum i ŏc’: l'avléva scŏrar…
«Lasì scŏrar la Befana!...» la dĕs la Rĕza.
As mitĕsum tot zĕt. Da la manga e spuntéva una mañ  cun un guent vëc’ e röt, cun un didòñ tŏt stôrt e un ŏngia négra. La dĕs quàtar parôl in italiàñ e a lĕ u s rumpè l'incantésum.
‘Tilio e’ rugè: «A n’sintì ch’l'è la voš d'la nöna?… A n’avdì che nëca e’ didòñ l'è quèl dla nöna!...»
“La Nöna…” Un putéva miga rèsar è véra, mŏ ormai però e’ zug l'éra squért: l'éra pröpi nöstra Nöna.
Quènt rìdar; a ridèsum tŏta la séra!
“La nöna ch'la scŏr in italiàñ e la nn’in sa una parôla; i i avéva insgnê un pô a mimoria, mŏ la purèta, la s'éra sòbit incartêda.
Acsè l'è finida la Fësta dla Vëcia, a cà ‘d Pezzi mŏ l'è stêda una bëla fĕñ.
L’è d’alóra che quènd che un babì l’um cmanda: “Chi è la Befana?”, mĕ  a i ò sól un’arsposta bóna:
«U m spiéš a dìl, mŏ l'è… la NÖNA…»


La calzèta
La «Vecchia»

La Vecchia era la grande Festa di quando eravamo piccoli.
C’erano i giocattoli della Casa del Popolo, il Cinema gratis al pomeriggio, soprattutto la vera festa si faceva in casa la sera della vigilia. Era la Festa della Calzetta, quelle calze di lana da pastore, grandi e grosse, quelle col pizzicore, fatte in casa dalle nostre mamme.
Era la festa della «Vecchia», quella con la berretta e la scopa di tamerice, sempre pronta e in grado di spazzare qualunque cosa.
Noi bimbi mettevamo le nostre calze intorno al camino  e poi «A letto presto…» che la Vecchia non doveva trovarci svegli altrimenti «Poveri noi…»: poteva anche succedere che tirasse dritto e non si fermasse. Al mattino alle sei. Eravamo già alzati, curiosi ed ansiosi di svuotare la Calza sulla tavola della cucina.
C’era un po’ di carbone zuccherato, un’arancia, due mandarini, quattro noci, un torroncino, e un giocattolo di legno colorato che si rompeva appena lo si toccava. Mi direte che non era gran che, la Vecchia non s’era data un gran da fare ma vi dico invece che per noi era una specie di miracolo; la casa era piena d’allegria, tutti ridevano e scherzavano in armonia: per noi bimbi era come essere in Paradiso.
Quando poi fummo più grandicelli, ci fu detto ad un certo punto: «Ormai non siete più piccini e quest’anno la Vecchia farà il suo ultimo giro, però vi farà una sorpresa di quelle che neppure immaginate…». Eravamo molto agitati; appena fece buio e dopo aver cenato attaccammo la nostra calza come al solito e poi le donne ci portarono nella stalla dicendo: «Stasera niente letto, state qui per un’oretta, che poi vi chiameremo!».
“Ma cosa succede stasera?...”, non sapevamo cosa pensare… Vi garantisco che era dura stare lì ad aspettare, tanta era la curiosità.
Ecco allora che s’aprì la porta della stalla e la Riccia ci disse: «Bambini, adesso potete venire in casa!».
Noi infilammo di corsa la porta e ci fermammo a bocca aperta davanti al camino.
La Vecchia era seduta su di una sedia, sopra l’arola, vestita di nero, con la berretta di lana sopra le orecchie, con un naso lungo e un po’ ripiegato, e un foruncolo sotto un occhio dove poggiavano i suoi occhiali; mi pareva avesse anche un po’ di baffi.
Eravamo frastornati, allora la Riccia disse: «Questa è la Befana! Come vedete è proprio Vecchia ed è stanca di gironzolare…».
Pareva una cosa impossibile, ma invece, la vecchia si mosse, alzò un braccio. Sgranammo gli occhi: voleva parlare...
«Lasciate parlare la Befana!...» disse la Riccia.
Zittimmo immediatamente. Dalla manica spuntava una mano con guanto vecchio e rotto, col pollice tutto storto ed un’unghia nera e pesta. Disse quattro parole in italiano e lì si ruppe l’incantesimo.
‘Tilio esclamò: «Non vi siete accorti che è vostra nonna?… Non vedete che anche il pollice è della nonna !...»
“La Nonna…” Non poteva esser vero, ma ormai il gioco era scoperto e non c’erano dubbi: era proprio nostra Nonna.
Quanto ridere; ridemmo tutta la sera!
“La nonna che parlava in italiano e non ne sapeva una parola; glie l’avevano insegnato un po’ a memoria, ma la poveretta, s’era incartata subito.
Così finì la festa della «Vecchia» a casa Pezzi ma fu una bella fine.
E’ d’allora che quando un bimbo mi chiede: “Chi è la Befana?”, io ho soltanto una risposta:
«Mi spiace dirtelo, ma è… la NONNA…»



L’è pröpi la Vëcia…



[1]la Rĕza, ovvero la Riccia, è Margherita Baldi, madre di Attilio Pezzi, cugino di Orazio.
[2] Alla Casa del Popolo il giorno della Befana veniva a quell’epoca distribuita a tutti i bambini del paese, a cura delle cooperative e degli organismi democratici filesi, una calza in cellophane con qualche dolcetto ed un giocattolo da poca spesa.

E’ dĕ ch’a sö nêd (Il giorno in cui son nato)

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Racconto in dialetto filesediOrazio Pezzi
(Trascrizione e traduzionedi Agide Vandini)


Pochi giorni fa, il 25 febbraio, ha compiuto 68 anni il carissimo amico Orazio che, in esclusiva per l’Irôla, ha scritto un bellissimo, anzi “fantastico”, racconto in dialetto, da leggere e gustare assieme, facendo particolare attenzione alle cinque righe finali…. Eccolo:


E’ dĕ ch’a sö nêd

Oh tot i diš che l'è impusĕbil arcurdês de’ dĕ
 Ch’us nès; la srà acsĕ,
mo  me a m’arcurd coma che fŏs air.
A stéva chêld chêld mo un pò scòmad,
l’éra diš dĕ che fašènd una scapariola
a séra armàst cun la tësta in žö,
žirêda in bàs e incastrêda fra do ganàs murrbi che parò, par quènt ch’am sfurzĕs,
ló a n’al šlintéva la streta.
A sìra ae’ bur cun la nëbia,
un s'avdéva da quĕ a lĕ,
me a tastéva in quà e in là
e an s'aveva coma ‘vnì fura
da cla situaziòñ un pò ingarbuieda.
Intent ch’a sira a lĕ ch’ai pinséva,
al ganàs agli à ‘tac a môvas,
a i ò sintù chichê addrì de’ cùl,
 la têsta la s’è infilêda fra al ganàs
 e tot a un tràt am sö truvê
sŏ int un quel biènc, (un linzôl);
al prĕmi parôl ch’a i ò sintù
agl 'è stêdi « L’è un mas-c’, l'è un mas-c’,
 liga, taia, taia, dai una sculazê!».
A i ò cmenz a zighê
e tot intóran a dì:
«L’à una bëla vóš e farà carira».
I m'à taiè avšen a la penza,
e pu i m’à lavê cun dl’ aqua chêlda,
u i éra un quêl bienc
cun e’ bórd blu  pì d'aqua (e’ cadĕn)
e una röba piò élta cun e’ bëc
 nëca lì bienca cun i burd blu (la broca),
e pu dla nëbia tot intóran.
Trë o quàtar döñ al žiréva sŏ e žö coma ‘l mati
e int e’ lët ui éra mi mama
ch'la scuréva cun la bélia: « Cum èl?»
 e la bélia: «U n’è un gran chè blì,
l'à una tësta esagerêda
an sö coma ch’l’épa fàt a pasê
parò l'è bel vĕsp e quèst l’è quèl che coñta…»
Intent la dašéva i ùrdin:
Öna la m’à ciàp pr i pì e sulivê
 par mĕtar e’ triangulì,
dop un'êtra la m’à infasê strĕc com un salàm dgend: «Acsĕ  u i avnirà al gamb drĕti…»
A i ò tac a zighê coma un mat,
 indo ch’a sera prĕma,
neca par póc, am putéva môvar,
a que, purcaza dla miseria,
acsĕ tot insaldì am séra incazê da murì.
Oh la dìš òna: « Quast'aquĕ e’ darà da fê,
 un s'è incóra farmê da quend ch’l’è nêd....»
A t’é crìd: prema i taia,
e’ pu it dà una sculazê
 e dop i t’infasa com un salamì
e pu i pritend nenc che t’ stega zet,
l'è un pò trop u n’è véra?
A i ò sintù ciamê: «Mario,Mario…»
Una dal dòñ la ciaméva mi babo,
adës ch’al m'avéva pugê int la conla
nëca chi òman i putéva avnì avdé.
A m’arcùrd che apĕna ch’a l’ò vest
a i ò smĕs ad zighê,
am sö sóbit inamurê.
L’era bël coma un ènžul,
cun du ŏc vird strampalé.
«Mario com al vut ciamê?»«Orazio»

Oh, un l'aves mai det,
a i ò artàc sòbit a zighê,
mo un è cuntè
e par dìla tŏta: l'è andêda bèñ acsĕ.

L'éra i 25 ad favrér de’ 47
fura e int la cambra int e’ cantòñ d'la ca
cun la pôrta ch’la daševa dreta int e’ curtìl,
l'era un frèd ch’us batéva i dent,
 par furtona che me a ngn avéva,
a n’um putéva môvar, sol zighê,
 e a i ò zighê ‘sena a l'istê.

E frèd l’à fat in môd che a n’um šminghĕs.
«Röbi da ‘n crédar», tot i dirà,
«U n pò arcurdês…»
Invezi  dop a tent en,
prema d'andè vì,
a i ò putù e vlù scrìvar stal do parôl,
 neca parchè, dop,
 nè chêrta ne pèna piò a n’truvarò.

Mo e’ segrét dla mimoria indó stàl?
Vó a savì  che a sö ned int un paéš
 Indó che gnit l’è impusèbil
parchè l'è  lighê ae’ Zìl
cun un Fìl.


Il giorno in cui son nato

Tutti dicono che impossibile ricordare il giorno
 In cui si nasce; Sarà così
Ma io lo ricordo come fosse ieri.
Stavo al caldo ma un po’ scomodo
da dieci giorni, facendo una capriola
 ero rimasto con la testa in giù,
girata in basso e incastrata fra morbide ganasce
di  una morsa che però, per quanto mi sforzassi,
non allentava la stretta.
Ero al buio con la nebbia,
non si vedeva a un centimetro,
tastavo da ogni parte
e non sapevo come venir fuori
da una situazione tanto ingarbugliata.
Ci stavo ancora pensando,
quando le ganasce hanno preso a muoversi,
ho sentito spingere da dietro,
 la testa s’è infilata fra le ganasce
 e tutto ad un tratto mi son trovato
sopra qualcosa di bianco (un lenzuolo);
le prime parole che ho sentito
sono state: « E’ un maschio, è un maschio,
lega, taglia, dagli una sculacciata!».
Ho cominciato a piangere
e tutt’intorno si diceva:
«Ha una bella voce e farà carriera».
M’hanno tagliato vicino alla pancia,
poi m’hanno lavato con un po’ d’acqua calda,
c’era un affare bianco
col bordo blu e pieno d’acqua (il catino)
e una cosa più alta col becco
 anch’essa bianca coi bordi blu (la brocca),
e poi tanta nebbia attorno.
Tre o quattro donne si muovevano convulsamente
e sul letto c’era mia madre
che parlava con la levatrice: « Com’è?»
 e lei: «Non è tanto bello,
ha una testa molto grande
non so come sia potuto passare
però è molto vispo ed è questo che conta…»
Intanto dava ordini:
Una m’ha preso per i piedi e sollevato
 per mettermi la pezza a triangolo,
ed un’altra m’ha fasciato stretto come un salame dicendo: «Così gli verranno le gambe dritte…»
Ho cominciato a piangere come un matto,
 dov’ero prima,
almeno un po’ mi potevo muovere,
qui, accidentaccio,
così conciato, m’ero arrabbiato da morire.
Poi una che dice:: « Questo darà da fare,
 non s’è ancora fermato da quand’è nato....»
Lo credo bene: prima tagliano,
poi arriva una sculacciata
 infine t’imbragano come un salamino  
e poi pretendono anche che si stia zitti,
non è un po’ troppo?
Ho sentito chiamare: «Mario, Mario…»
Una delle donne chiamava mio padre,
ora che mi avevano posto sulla culla
anche gli uomini potevano venire a vedere.
Mi ricordo che appena l’ho visto
ho smesso di piangere,
 mi sono innamorato subito.
Era bello come un angelo,
con due occhi verdi stupefacenti.
« Mario come lo vuoi chiamare? »« Orazio »

Oh, non l’avesse mai detto,
ho ricominciato subito a piangere,
ma non è servito a nulla
e per dirla tutta: è andata bene così.

Era il 25 di febbraio del ’47
Fuori e nella camera d’angolo della casa
Con la porta che dava direttamente nel cortile,
era un freddo da far battere i denti,
per fortuna che io non li avevo,
non mi potevo muovere, solo piangere,
 ed ho pianto fino all’estate.

Il freddo ha fatto in modo che non dimenticassi,
«Cose da non credere», tutti diranno,
«Non può ricordare…»
Invece dopo tanti anni,
e prima di andarmene,
ho potuto e voluto scrivere queste due parole,
 anche perché, poi, dove andrò,
 non troverò più né carta, né penna.

Ma il segreto della memoria dove sta?
Voi sapete che sono nato in un paese
 Dove nulla è impossibile
Perché è legato al Cielo
Con un Filo.

Ciao Carla…

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L’ultimo abbraccio
di Agide Vandini








Carla vicino a mia madre

Mia sorella Carla ci ha lasciato poco fa. Verso le 10 di stamattina, il mio amorevole angelo custode ha posto fine alla sua lunga sofferenza, addormentandosi per sempre.
Eravamo preparati in famiglia, come sempre avviene davanti al male che avanza inesorabile, ciò nonostante il dolore che invade il cuore è immenso, l’emozione inarrestabile.
Gli ultimi mesi Carla li ha trascorsi nella propria casa sopportando l’infermità con una forza incredibile, circondata e confortata dalle cure e dall’affetto di tutti i suoi cari. Giovanni soprattutto è stato un gigante: la colonna portante che ha retto il peso di una situazione sempre più impegnativa sia sotto l’aspetto morale che materiale.
Nei momenti di sconforto mia sorella ha spesso invocato nostra madre affinché la prendesse fra le sue braccia. Così l'immagine che ho scelto per il mio ultimo abbraccio credo sia la più appropriata, quella che, in questo momento,  le farebbe più piacere diffondere.
Ciao Carla. Anche gli angeli impareranno presto a conoscerti e ad amarti.
Agide


PS: Il funerale avrà luogo Giovedì 26 con partenza dall'area mortuaria di Argenta alle 14,30 e sosta alla chiesa di Filo per la funzione religiosa. Il corteo continuerà fino al Cimitero del paese da cui il feretro proseguirà per l'area crematoria di Ravenna.

Ringraziamento

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L’addio a Carla
di Agide Vandini






Carla è partita ieri per il suo lungo viaggio, dopo il toccante rito funebre e dopo i giorni del dolore struggente in cui tantissima gente, un numero infinito di persone, ci ha voluto testimoniare la sua vicinanza e il suo cordoglio.
Tanti l’hanno fatto di persona, gli amati filesi sono accorsi in massa al corteo, altri lo hanno fatto via mail o via SMS, una lunga fila di messaggi, in massima parte di lettori ed amici di questo blog che mi hanno aiutato molto e per i quali voglio esprimere in un unico lungo e intenso abbraccio  tutta la mia riconoscenza.
Li conserverò e li trasmetterò scrupolosamente anche a Giovanni e ai miei nipoti.
A fianco il ricordino di mia sorella Carla.
Grazie ancora.

Agide
 

E’ cino (Il cinema)

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Racconto in dialetto filesediOrazio Pezzi
(Presentazione, trascrizione e traduzionedi Agide Vandini)



L’ex Cinema-Teatro Tebaldi (foto 2015), ora locale ad uso abitativo e commerciale.


Sorse quasi ottant’anni fa, negli anni dell’Anteguerra, il Cinema-Teatro di Filo, una costruzione che all’epoca prendeva il posto della più modesta sala del Palazzone. La sua storia ben documentata ce la raccontò nel 2002 Egidio Checcoli in «Filo della memoria» (pp. 93-94):

[…] Il 28 ottobre dello stesso anno [1937 n.d.A.] venne inaugurato il cinema teatro Impero con la proiezione del film L’avorio nero. Per Filo fu un avvenimento storico che creò entusiasmo e curiosità e aiutò a dimenticare le privazioni e le preoccupazioni quotidiane.
L’edificio fu costruito su progetto dell’Ingegner Tieghi, tecnico dell’Eridania di San Biagio, per conto di una società costituita da cinque tra fratelli e cugini Tebaldi. Il costo dell’iniziativa fu di 250.000 lire, compresi il proiettore e gli arredi. L’opera fu realizzata dal gruppo dei “Muratori” di Filo, con la direzione del capomastro Guido Forlani del Molino di Filo.
Con 450 posti di platea e 150 di galleria, gli incassi della domenica superavano talvolta le mille lire.
A suggerire il nome del teatro fu nientemeno che il prefetto di Ferrara; nel dopoguerra, più modestamente, cambierà il nome in Cinema Tebaldi […].

Orazio ci propone un simpatico ricordo del vecchio Cinema, quello che abbiamo conosciuto noi, i ragazzi del dopoguerra, attraverso un racconto dialettale breve ma assai efficace: un piacevole amarcord che, proprio per l’immediatezza e la familiarità della lingua madre, pare retrocedere le lancette del tempo fino a farci rivivere i momenti magici della nostra giovinezza. Sono momenti e luoghi che, in un piccolo paese sempre più stravolto dalla modernità, e in cui sono state spazzate via tante cose e persone care, per chi ha già tanti capelli bianchi, ancora vivono e risplendono nel più profondo del cuore (a.v.).
 
°°°
  


E’  Cino

 U s'andéva ae’ cino ae’ žuba, ae’ sàbat
e a la dmènga.
Dal vôlt u i éra nènc e’ döpi prugram,
ad sòlit ae’ sàbat séra.
E’ cino l'éra žö dla strê,
una rata repida repida,
cun una scalinê ad fiènc,
da lè u s paséva nèca
pr andê ae’ chèmp spurtìv.
Da d fura un éra un gran chè,
e déntar poc mej,
 però l'éra e’ pasatemp de’ paéš
insem ae’ palòñ e ae’ Cafè.
E’ cino l'avéva e’ d ciòta e e’ d cióra.
Pr andè d cióra u i éra do schêl
òna d quà e òna a d là, cun du ingrĕs,
e u s’andéva a mĕts isdé
in dal pultrunzèn ad legn
(s’avlèñ ciamêli acsè)
 mĕsi in fila so in di’ gradóñ ad legn
chi andéva insĕna a la muraja
e, int e’ mëž,
insĕna a la cabena dla machina.
E’ d cióra l'avéva una ringhìra,
e acustêda a la ringhira u i éra
una fila ad scaràñ ciamëda "la Bëla Vĕsta",
la fila dal ciàcar e di’ pitigulĕz.

E’ d ciòta l'éra pio grand,
cun du ingrĕs a d qua e a d là dla biglietereia,
 parëci fila ad pultrunzen,
 cun tri curidùr, du int i fiénc e òñ int e’ mëž.
 Söta ae’ tlòñ de’ cino u i éra e’ pêlc
Ch’l'era bël grand e tot ad lègn.
Ma a lè u n s'andéva sól ae’ cino
u s'andéva nèca a balê.
Ae’ cino ad Fìl u s baléva tre vôlt d'invéran;
i 23 ad dizèmbar, l'ultma nöt dl'àñ, 
e par Sant'Egta.
Agli éra agli ucašiòñ par al ragazi
ad fes d’avdé,
 par mĕtar e’ nëš fura d’in cà
e incuntrê di’ filarĕñ.
Bëli fëst! A sunê l'avnéva :
Casadei,  Baiardi, Castellina Pasi
e tŏt i mej dla Rumagna.
L'urchëstra la stašéva sŏ int e’ pêlc,
söta u i éra do fila ad tavlĕñ,
intóran a tota la sêla
una fila ad tavlen acusté al muraj,
int e’ mëž u s baléva.

Baiardi l'avéva una cantênta che
a cantê l'éra acsì-csò mo l'éra bëla,
i cavĕl biŏnd,
una vôlta lŏng, una vôlta a caschèt,
sèmpar in rös e in stanlina curta. 
Mariša la s ciaméva,
la n daséva briša cunfidenza
parchè Baiardi un'avléva.
Una vôlta a m’arcùrd che
par colpa mì la ciapè un cichèt.
Durènt al fëst da bàl
us putéva andê nèca ad cióra,
indó che la «Bëla Vĕsta» l'éra sèmpar pina
e ocupêda dal ciacaróñ de’ paéš. 
Ló agli avéva la mšura dal tèt
stampêdi sóra e’ mantéñ dla ringhìra;
 se Tebaldi l'avréva agli öt,
 ló al sët e trì agli éra ža a lè
 prónti a ciapê e’ pöst,
u ngn éra gnìt ch’u li putĕs farmê,
la fàm ad nuvitê,
la cunferma d’un quèlc suspĕt
e’ svulês ad quêl che
«chi ch’l'avrĕb mai dĕt…»,
l'avéva tröpa impurtanza
pr al ciàcar da fê par tŏt l'àñ
che u ngn éra temp da pérdar
par nö fês fraghè e’ pöst.
Al ciacaróni agli éra pĕž
ch’n’è un plutòñ d'esecuzion,
schierêdi in baterèia al cuntruléva
ogni mösa ad quèst e ad quèl
e pu: « Ét vĕst che avéva rašòñ..»
«Mo la n'éra l’ambróša ad quèl...»
«Va mo là, u s l’è fata scapê
e lì l'à truvè un êtar…»
«Toh guèrda chi dù!
Mo quèl u n’è e’ fiol dla ...»
«Oh! Guerda chi du pizòñ…»
«Seh, du pizòñ…
Mo s’i diš che lì la i fa al côran…»
U s po’ dì che, dòp a la fësta,
 agli avéva finalment agl'idei ciêri
sóra quèl che zuzidéva a Fìl. 

E’ cino Tebaldi l’è un pëz ad stôria de’ paéš,
l'à fàt e sfàt al cöpi pio bëli,
l'à vëst a pasê tŏt i filìš,
i amùr, al dilušiòñ, l'aligrèia,
al canzunèt, i žùvan e i anzièñ,
 l'à sintì al maravèj dal ciacaróni
che agli à cušì a tŏt un vstì
che ignòñ l'à purtê senza savél:

CINEMA TEATRO TEBALDI
STATE COMODI STATE CALDI

Il cinema

 Si andava al cinema al giovedì, al sabato
ed alla domenica.
A vo9lte c’era anche il Doppio Programma,
Di solito al sabato sera.
Il cinema era in basso rispetto alla strada,
una discesa molto ripida,
con una scalinata a fianco,
di lì si passava anche
per andare al campo sportivo.
Visto da fuori non era un gran che,
e dentro poco di meglio,
 però era il passatempo del paese
assieme al pallone ed al Caffè.
Il cinema aveva il “di sotto” e il “di sopra”.
Per andare di sopra c’era due scale
Una di qua ed una di là con due ingressi,
e ci si andava a sedere
 in poltroncine di legno
(chiamiamole così)
 Messe in fila su larghi gradoni di legno
Che salivano fino al muro
e, nel mezzo,
fino alla cabina del proiettore.
Il «di sopra» aveva una ringhiera,
accostata alla quale stava
una fila di sedie chiamata "la Bella Vista",
la fila delle chiacchiere e del pettegolezzo.

Il «di sotto» era più vasto,
con due ingressi ai lati della biglietteria,
molte fila di poltroncine,
 con tre corridoi, due ai fianchi ed un al centro.
 Sotto il telone del cinema c’era il palco
Grande per tutta la larghezza e di legno.
Ma lì non si andava soltanto al cinema
Si andava anche a ballare.
Al cinema di Filo in inverno si balla tre volte;
il 23 di dicembre, l'ultima notte dell’anno, 
e per Sant'Agata.
Erano occasioni per le ragazze
 per farsi vedere,
per mettere il naso fuori casa
ed incontrare spasimanti.
Belle feste! A suonare venivano :
Casadei,  Baiardi, Castellina Pasi
e tutti i migliori della Romagna.
L'orchestra stava sul palco,
sotto c’erano due fila di tavolini,
per tutta la platea
una fila di tavolini accostati al muro,
ed al centro si ballava. 

Baiardi aveva una cantante che
a cantare era così così ma era molto bella,
capelli biondi,
una volta lunghi, una volta a caschetto,
sempre in rosso e minigonna. 
Marisa si chiamava,
non dava confidenza per nulla
perché Baiardi non voleva.
Una volta, ricordo che
Prese un rimprovero per colpa mia.
Durante le feste da ballo
Si poteva andare anche «di sopra»
dove la «Bella Vista» era sempre piena
e occupata dalle pettegole del paese. 
Loro avevano la misura dei seni
stampate sopra il corrimano della ringhiera;
 se Tebaldi apriva alle otto,
alle sette e tre quarti erano già lì
 pronte a prendere il loro posto,
non c’era nulla che le potesse fermare,
la fame di novità,
la conferma di qualche sospetto
il manifestarsi di cose che
«chi l'avrebbe mai detto…»,
aveva troppa importanza
per le chiacchiere da fare per tutto l’anno
sicché non c’era tempo da perdere
se non si voleva farsi soffiare il posto.
Le pettegole erano peggio
di un plotone d’esecuzione,
schierate in batteria controllavano
ogni mossa di questo o di quello
e poi: « Hai visto che avevo ragione..»
«Ma non era la morosa di Tizio...»
«Guarda un po’, se l’è fatta scappare
E lei ha trovato un altro…»
«Toh guarda quei due!
Ma quello non è il figlio della ...»
«Oh! Guarda quei due piccioni…»
«Eh sì, due piccioni…
Ma se dicono che gli fa le corna…»
Si può dire che, dopo la festa,
 avevano finalmente le idee chiare
riguardo a quanto succedeva a Filo. 

Il cinema Tebaldi è un pezzo di storia del paese,
ha fatto e disfatto le coppie più belle,
ha visto passare tutti i filesi,
gli amori, le delusioni, l’allegria,
le canzoni, i giovani e gli anziani,
 ha vissuto lo stupore delle pettegole
che hanno cucito a tutti un vestito
che ognuno ha portato senza saperlo:

CINEMA TEATRO TEBALDI
STATE COMODI STATE CALDI














Anni 1965 e 1966 - Festa degli studenti al Cinema-Teatro Tebaldi. Ecco tre foto di cui riporto i nomi della famigerata :”Banda del gelato alla fragola”. Nella foto sopra, in piedi: Luciana, Sandra, Beniamino, Carla, Osvaldo, Robert, Rosmeri, Beppino e Ilde; accosciati: Agide, Silvano, Orazio, Giorgio e Rita. Nella foto sotto: Robert, Beppino, Beniamino, Diana, Lelia, Rita, Sandra. Nella foto a destra, Luciana e ai suoi fianchi, i due autori di questo brano: Orazio e Agide.

Il «Pranzo della Liberazione»

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Una iniziativa della Sezione ANPI di Filo
di Agide Vandini


La locandina

Il 14 aprile di settant’anni fa nel paese di Filo finiva l’occupazione nazifascista.
La locale sezione dell’ANPI ha pensato di indire per l’occasione un “pranzo della Liberazione” a Villa Vittoria nel segno della migliore tradizione culinaria filese, cui seguirà un pomeriggio musicale con la presenza del Gruppo Folk Nuovo Controcanto Popolare, composto dai cari amici di Brisighella:

Umberto Rinaldi: voce e chitarra
Gabriele Laghi: contrabbasso e cori
Ilaria Petrantuono: flauto e cori
Enrico Giorgi: fisarmonica e cori

Ci presenteranno i loro Canti Tradizionali di Libertà, ovvero una piccola storia musicale delle lotte per la libertà nella tradizione popolare.
Il menu proposto e le modalità di partecipazione sono puntualmente esposti nella locandina.
Estendo a tutti gli amici di questo blog l’invito a partecipare numerosi alla bella iniziativa, nel corso della quale, verrà consegnato un attestato ai tesserati-partigiani filesi tuttora viventi.
Vi aspettiamo.



La «Maratona»

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Anno 1993, fra Natura e Memoria
di Giovanni Pulini



Pubblico con estremo piacere questo breve racconto che Giovanni, ex partigiano, filese da anni residente a Bologna, ha scritto per il blog.
Nell'occasione debbo purtroppo annunciare la triste perdita, avvenuta in queste ore, dell'amico Ottavio Lazzari (detto Cencio): l'ultimo partigiano filese (e associato all'ANPI locale) che era ancora in vita, cui dedicai un anno fa un articolo-intervista, tuttora fruibile sull'Irôla.
Appena due giorni fa, il 14 aprile,  ricorreva  il 70° della Liberazione di Filo cui partecipò giovanissimo militando nella  Brigata Garibaldi, la 36bis «Mario Babini», che operò sotto il comando di Antonio Meluschi.
Domani 17 Aprile (ore 15) l'estremo addio al caro Cencio (a.v.).


 °°°

Quando ti senti addosso il traguardo della vita, la mente spazia nel passato scavando nei ricordi anche di poco conto.
A volte, nella solitudine che mi caratterizza, affiorano alla mente momenti ed episodi che mi piace raccontare, come quello della memorabile «Maratona» del 1993 che ricorre spesso nei miei pensieri.
Ero già pensionato negli anni  80, e a quell’epoca trascorrevo l’intera estate in una località marittima: Punta Marina Terme. Nel paese avevo un amico, Giulio, conosciuto in tempo di guerra e, tramite lui, mi era facile socializzare con molta gente del luogo.
Le passeggiate nella pineta al mattino presto erano il mio passatempo preferito.
La pineta, alle prime luci dell’alba, mi conquistava per i suoi intensi profumi del sottobosco, della resina, del Calicantus la cui fragranza tanto intensa si estendeva per tutta la pineta; sembrava che la natura avesse messo in sintonia tutti questi profumi con il “fischiettio” degli uccelli.  Alle prime luci del giorno il cinguettio ed i profumi si fondevano, e l’usignolo, con il suo canto, fungeva da direttore dell’orchestra che la natura gli metteva a disposizione. I sentieri diventavano serpeggianti per lasciare spazio ai rovi che la facevano da padrone.
Con sorpresa si potevano incontrare altre persone che, come me, rimanevano affascinate dal paesaggio e dagli odori di un luogo incantato e magico. Eravamo sempre gli stessi ad augurarci il buongiorno, a raccontarci con piacere i nostri reciproci passati, esperienze che quasi sempre, si assomigliavano un po’. Ci accomunava il piacere di percorrere sentieri senza inquinamento.
Il Dottor Pirazzini, che faceva parte del gruppo di indomiti camminatori, propose un bel giorno di organizzare una vera «Maratona» tutta per noi. L’idea ci conquistò e si stabilirono delle regole: solo gli ultrasessantenni potevano partecipare ad un percorso che non avrebbe dovuto essere inferiore ai 43 chilometri.
Il giorno successivo, al Bagno Pelo, si continuò la messa a punto dell’impresa e si decise che il percorso: da Punta Marina a Filo, utilizzando solo sentieri, quei sentieri che fin da ragazzo avevo conosciuto bene e che tante volte avevo percorso durante la guerra e la mia militanza partigiana. Due vetture, guidate da Giulio e dal Dottor Pirazzini, ci avrebbero seguito e riportati al punto di partenza.

 Il territorio da Punta Marina a Filo


Il 20 luglio 1993 fu la data prestabilita per la nostra «Maratona».
Nelle automobili vennero caricate dieci bottiglie di un noto integratore salino, molto reclamizzato all’epoca, una ventina di “rosette” e 500 grammi di mortadella, oltre, naturalmente, ad un canestro di disinfettante, bende per fasciare eventuali ferite e cerotti.
Il primo contatto fra noi maratoneti e le auto fu fissato al traghetto di Sant’Alberto.
Percorremmo sentieri di campagna nella Valle del Lamone, zona a me poco conosciuta, ma dove erano ancora ben visibili i segni lasciati dalla guerra: cippi e lapidi ricordavano ragazzi uccisi dai fascisti e dai Tedeschi, ragazzi colpevoli soltanto di aver combattuto per la Libertà a la Democrazia.
Raggiungemmo Sant’Alberto ed il traghetto ci portò sull’altra sponda del fiume Reno: si apriva ai nostri occhi la Valle di Comacchio nella sua vastità e una lingua di terra, Bosco Forte, si estendeva per un chilometro circa coperta di cespugli di tamerici color verde argentato, e di alberelli di acacia di colore verde scuro. Là, sulla punta di questo tappeto verde, spuntava una casa di caccia e davanti ad essa un basso pilastro era stato eretto alla memoria dei caduti per la Libertà.
Sulla nostra sinistra scorgemmo un branco di fenicotteri che nei fondali bassi cercavano nutrimento: uno spettacolo da sogno!
Dopo qualche scambio di battute riprendemmo il cammino accordandoci con gli autisti: il successivo contatto sarebbe avvenuto a Madonna dei Boschi.
Ci  rimettemmo in viaggio sul sentiero in cima all’argine e poco più avanti un grande cippo ricordava il sacrificio di morti ammazzati dai Tedeschi, due di loro li avevo conosciuti.
Il riaffacciarsi di un vissuto ancora così vivo nella mia memoria, nonostante i molti anni trascorsi, riportava i miei sensi indietro nel tempo: provavo di nuovo, in quel momento, angoscia, apprensione, timore di una rappresaglia incombente, proprio come cinquant’anni prima! Quel percorso, e quei luoghi un tempo familiari, mi facevano dunque rivivere ricordi angosciosi e mai cancellati.
Finalmente arrivammo a Madonna dei Boschi, lì ci rifocillammo, qualcuno si fece medicare i piedi, mangiammo qualche panino e ripartimmo alla volta della meta stabilita: Filo, il mio paese.
Raggiungemmo la nostra ultima destinazione sfiniti, ma ce l’avevamo fatta!
Quando tornammo a Punta Marina fummo festeggiati da tutti i presenti al Bagno Pelo ed il titolare del ristorante ci offrì il pranzo.
Personalmente ho sempre ritenuto questa singolare «maratona» un’esperienza soddisfacente, anche se ha presentato due aspetti molto diversi fra loro: da un lato la pineta mi ha avvicinato ad un luogo incontaminato e magico, dall’altro il percorso lungo l’argine del fiume mi ha rinnovato tanta angoscia e sofferenza.

                                                                                                  (Giovanni Pulini, 8 Aprile 2015).

Il mio ricordo di Céncio Lazzari

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Memorie dal  «Quaderno» (5)
di Giovanni Pulini, presentazione diAgide Vandini

Sono trascorsi appena quattro mesi dalla scomparsa di ‘Tavio Lazzari o, meglio, di Céncio come tutto il paese lo ha sempre chiamato, soprannome che ne ricorda il nonno, Vincenzo Antonellini, martire antifascista filese. La memoria di ‘Tavio è ancora ben presente nel cuore di chi, come noi, ne ha sempre apprezzato l’umiltà e la semplicità, la disponibilità e la bontà di carattere, soprattutto è, e sarà sempre, nel cuore di tutta la sua famiglia: moglie, figlie e nipoti da cui era fortemente amato e benvoluto.
Non ha mai ostentato nulla, Céncio, non ha mai preteso riconoscimenti particolari, lui, ex partigiano in momenti difficili ed in un ambiente particolarmente ostico; anzi, era restio alle testimonianze ed alle esibizioni in pubblico. Forse per timidezza innata, o forse non voleva che lo si credesse un «eroe», lui che «eroe» non si era mai sentito, o forse infine per quell’intimo rispetto verso i tanti, umili compagni rimasti sconosciuti come lui. Gente che quella Resistenza l’ha combattuta e sostenuta in silenzio, donne e uomini che ci hanno dato il mondo libero in cui viviamo. Uomini e Donne che, poi, dopo il 25 aprile del 1945 non hanno chiesto onori o ricompense, perché l’Onore Grande, quello Vero, stava e doveva rimanere dentro al loro cuore: quella Democrazia e quella Libertà per la quale si sono sacrificati e che, ai loro figli e nipoti, agli italiani a venire, hanno lasciato in dono.
Avrebbe accettato sì quella semplice pergamena col suo nome, data a lui, in fondo, come a uno dei tanti, un riconoscimento che avrebbe voluto ricevere per conto dei tanti compagni già andati e partiti uno per volta, piano piano, quasi scivolando nell’acqua come la sua vecchia barchetta, quella che teneva nascosta alla Böca di’ Pastùr, nelle valli allagate. Aveva già prenotato il tavolo in cui avrebbe pranzato con noi, e con l’amico Giovanni che sarebbe venuto apposta da Bologna a ritirare una pergamena come la sua.
Il destino ha voluto che ‘Tavio ci lasciasse pochissimi giorni prima del 14 aprile e che quella pergamena venisse ritirata da una fiera quanto commossa, emozionatissima, nipote.
Ora Giovanni, Giovanni Pulini, il partigiano Condor, ci ha mandato un suo breve ricordo di ‘Tavio, di vera vita vissuta, scritto per il suo Quaderno. Un ricordo ed una dedica a cui tiene molto, anzi moltissimo.
Sono particolarmente felice di poterlo pubblicare nell’«Irôla» nell’affettuoso ricordo di un amico, di un uomo semplice e Vero, di una figura verso cui sento e sentiamo profonda gratitudine, tanto più in un’epoca come questa, fatta sempre più spesso di Lustrini, Apparenze e Grida Sguaiate: di quel genere di Orpelli Inutili che, a un uomo come ‘Tavio, non avrebbero mai mai fatto né caldo, né freddo (a.v.).


Ottavio Lazzari detto Céncio e la consegna della pergamena alla memoria nell’aprile 2015

°°°
Il mio è un ricordo che va dal 1930 al 1996: il ricordo di un’amicizia lunga un’intera vita.
 Filo, mio paese natale, festeggia il giorno della Liberazione e la fine del nazifascismo il 14 aprile. Quest’anno l’ANPI locale ha organizzato, per il settantesimo Anniversario, un pranzo ed una festa alla quale hanno partecipato numerosissime persone e agli organizzatori va un mio personale plauso per la riuscita dell’evento e per l’eccellenza del pranzo.
In quella occasione mi è stata consegnata una pergamena per il mio contributo dato alla Resistenza, mentre altra analoga pergamena è stata consegnata, alla memoria, alla nipote di Ottavio Lazzari che purtroppo ci aveva lasciati a tre giorni dai festeggiamenti. Al momento dell’invito, Ottavio, sia pure in precaria salute, aveva dato la sua calorosa adesione e ciò mi aveva reso felice.
D’altronde, in analoga occasione, nel 1996, allorché venne organizzato un pranzo fra tutti i filesi nati nel 1926,  avevo incontrato tante persone che non rivedevo da quaranta anni e al mio fianco sedeva proprio lui, Lazzari Ottavio, conosciuto da tutti in paese col nomignolo di Céncio.
 Fu quello un incontro bellissimo e tante furono le cose che ci raccontammo.
 Ottavio ed io abbiamo avuto infatti un percorso di vita molto simile e quando gli dissi che avevo scritto un libro autobiografico si mostrò alquanto interessato affermando che gli sarebbe piaciuto scrivere la nostra antologia a quattro mani, lui ed io. Quando ci lasciammo, ci promettemmo di rivederci quanto prima in altro contesto per mettere a punto il progetto: purtroppo un incontro rimasto sempre e soltanto nelle buone intenzioni.
 Se mi permetto ora di dare voce a qualche ricordo comune di stenti e di vita grama è perché anche Céncio non fece mai mistero della sua umile provenienza.
 Eravamo tanto amici perché avevamo la stessa età, e anche perché i nostri rispettivi padri erano amici a loro volta: il suo  era conosciuto in paese come Pinàz de’ Canzularòñ. Entrambi abitavamo nella borgata di Case Selvatiche, insieme avevamo fatto il breve percorso scolastico, infine la sua famiglia era numerosa quanto la mia sicché ci accumunava la miseria, quella che si accaniva verso le famiglie con tante bocche da sfamare.
 Racconterò un episodio che oggi sembra avere il sapore di una favola, eppure ai tempi della nostra fanciullezza non destava certo meraviglia o stupore. 
Qualunque lavoro nei campi a quel tempo veniva svolto dalla mano dell’uomo, e uno di questi era la semina delle barbabietole, opera in cui l’apporto dei bambini era ritenuto indispensabile. Noi piccoli con una mano portavamo il secchiello coi semi, e con l’altra, a schiena curva,  lasciavamo cadere il seme all’interno di piccole buche scavate nel terreno dalla zappa dell’adulto che ci precedeva. 
Penso che avessimo poco meno di dieci anni quando, un giorno, Cénciomi propose di andare con lui, alla semina delle barbabietole presso gli Stufadĕñ, ovvero nella vicina campagna della famiglia Savioli. Lì egli era già stato l’anno precedente e mi assicurò che, non solo si mangiava bene, ma a fine lavoro essi erano soliti ricompensare con qualche soldo anche i più piccoli aiutanti.
Così andammo entrambi e il lavoro durò quasi una settimana. L’ultimo giorno si festeggiò con una tradizionale bandĕga (banchetto); a tavola, oltre all’abbondanza di tutto, ricordo che, cosa rara a quei tempi, ci fu data persino la ciambella… Alla fine del pranzo a noi furono allungati un po’ di soldi, non ricordo quanti.
Durante il cammino verso casa Céncio, a pancia finalmente piena, mi confessò d’essersi abbuffato a sazietà poiché non sapeva quando ci sarebbe stata una seconda volta.
Se avessimo scritto un libro insieme sono certo che avrebbe voluto raccontare la gioia e la soddisfazione di quel giorno, un episodio che, in ogni nostro incontro, solitamente narrava con dovizia di particolari, quasi si fosse trattato di un fatto epico ed eroico.
 Quando fu più grandicello, Céncio si trasferì con la famiglia alla borgata del Molino di Filo e i nostri incontri divennero meno frequenti. Spesso ci vedevamo nelle valli dove entrambi pescavamo le anguille di frodo. Facevamo lo stesso lavoro in squadre diverse e quasi sicuramente eravamo i bracconieri più giovani della valle. Quell’attività ci fece diventare uomini molto presto soprattutto perché, sia pure ancora ragazzi, eravamo costretti a prendere spesso decisioni forti, come quella vita necessariamente richiedeva.
Abbiamo poi avuto la fortuna, entrambi, di superare, in quell’ambiente, ogni insidia e pericolo nella comune guerra di Resistenza particolarmente combattuta ed attiva nel nostro territorio. Nonostante i rischi e le tante traversie, ne siamo rimasti vivi.
Nell’immediato dopoguerra continuammo ancora per un po’ nel bracconaggio poi, per motivi di lavoro, io, a fine anni Cinquanta, lasciai il mio paese.
 Non abbiamo potuto scrivere insieme la nostra storia e di ciò mi dispiaccio molto. Nei nostri rari incontri a Filo, si finiva sempre nel reciproco  «Ti ricordi…», ed era ogni volta un infinito piacere riabbracciarci e  rivederci.
Di recente ho avuto modo di consultare un Archivio storico contenente importanti documenti della lotta partigiana, epoca che ci ha visto protagonisti nelle nostre valli. Sfogliando con grande curiosità ed emozione una carpetta appartenuta al Comandante Meluschi (Il Dottore)[1]ho potuto leggervi, con mio grande piacere, il nome di Lazzari Ottavio, il nostro amato Céncio, a quell’epoca, come me, poco più di un ragazzo, ed era menzionato in prima fila, fra coloro che diedero il loro vitale e prezioso contributo alla Resistenza, alla lotta per la libertà di tutti.
                                                                                                   Giovanni Pulini, Luglio  2015


[1] Antonio Meluschi, detto Il Dottore, comandante della Brigata Garibaldi «Mario Babini» operante nell’argentano e nel comacchiese.

Un’antica favola che ci è cara

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La fôla dagli ucarìñ ch’agli andéva a nöz a Bànd
diAgide Vandini
disegni di Romano Saccani Vezzani



La pubblicazione della fôla dal tre uchini nel numero più recente de’ la Ludla[1]mi ha riportato, non senza una certa emozione, ai ricordi della prima infanzia, alla cara famiglia paterna, alla casa, alla vita e alla gente di allora, il tutto evocato da una narrazione ben più antica della moderna I tre porcellini[2]cui viene associata, fiaba che nei trĕb[veglie] filesi si è raccontata fino al dopoguerra, con gran divertimento dei più piccoli.
Ovviamente a noi fu sempre gustosamente raccontata in dialetto, vera lingua madre dei bimbi nati nella prima metà del Novecento, quando si apprendeva la forbita lingua italiana soltanto a scuola[3].
La trama delle «trè uchini» nel dialetto ravennate di San Zaccaria è, di base, la stessa che udii da bambino; differisce però nelle espressioni dialettali che più caratterizzano la favola, nel ritmo narrativo, soprattutto si discostano i riferimenti geografici e ambientali. Lì le tre ochette vogliono recarsi al mare per la folta pineta ravennate, qui invece, in uno scenario antico (stravolto dalle bonifiche di fine ‘800), vogliono andare da Filo a Bando lungo fossi e sentieri di palude, attraverso il periglioso Bosco del Tamariso, attratte da un allettante pranzo di nozze cui non possono, o meglio non vogliono, mancare.


Alla nostra epoca, l’ascolto dell’anziano narratore era anche l’occasione, per apprendere  nozioni fondamentali della complessa  storia del nostro territorio ( […] Ch’a savìva che una vôlta, pr andêr a Bànd da Fìl, u ngn ìra miga e’ stradòñ dla Spišëna ch’e’ pasa pröpi dnìnz a ca’ vöstra, quèst l’è stê fat dl’Otzènt[4]. A que l’ira tota vàl ch’la ‘rivéva infena pët a la Ciša. Alóra us putéva andêr a Bànd sól par la Strê di’ Dŏs, ch’la žiréva intórn a la Vàl, la puntéva vérs a la Bindëla, e pu la vultéva par cvèla che adës a ciamèñ la Strê di Tamarìš, long a una Fösa bëla lêrga infĕna a l’Ôca; alè us travarséva un pöst bùr e salvèdg, un bös-c pariculóš: e’ Bös-c di’ Tamarìš…[…])
[ Sappiate che un tempo, per andare a Bando da Filo, non c’era  lo Stradone dell’Oca-Pisana che passa davanti a casa vostra, questo fu tracciato solo a fine Ottocento. Qui le acque della valle giungevano fin sotto la Chiesa. All’epoca per raggiungere Bando si percorreva la Strada dei Dossi che aggirava la valle, puntava verso la Ca’ Bindella (a ovest), poi svoltava (a nord) per quella che oggi chiamiamo “Strada delle Tamerici” (Via Tamerischi), indi, lungo una larga Fossa (Fossa Paolina oggi interrata) giungeva al dosso dell’ «Oca» (nei pressi del Cippo del Carabiniere); lì ai lati del sentiero stava un bosco folto e selvatico, irto di pericoli, il Bosco del Tamariso…[…])
Mio padre, che aveva udito più volte da bambino questa favola, allorché nel nostro caseggiato si diffondeva la voce della presenza, la sera stessa, di Cömo e’ fularèñ[5], non mancava di suggerirmi:  «T’è da dìj alóra, a Cömo, ch’uv cunta la fôla dal trè Ucarìn ch’agli andéva a nöz a Bànd…»[Devi dirgli allora, a Cömo, che vi racconti la favola delle tre ochette che andavano a nozze a Bando…]
Quando ciò finalmente avvenne, in un’epoca in cui dei cartoni animati non si sapeva neppure l’esistenza, Bàbo Ghéo, fabbro di mestiere, volle riascoltare quella storia da me e volle farsi raccontare la gioia e le esclamazioni dei bambini al momento della sconfitta rovinosa de’ lóv [del lupo] nello scontro con la solida e provvidenziale casetta di ferro.
L’ingenuità delle ochette, divenuta nel tempo pressoché proverbiale, veniva ripresa talvolta da mia madre o da mia sorella, quando accennavano a persone un po’ sprovvedute («T’an vìd ch’al pê agli ucarìn ch’agli andéva a nöz a Bànd…» [Non vedi che sembrano le ochette che andavano a nozze a Bando…]), ma l’espressione in paese è sempre stata di uso molto comune e quindi m’è capitato di sentirla più volte anche da altri.

U j ìra ‘na vôlta, tènt èñ fa…
C’era una volta, tanti anni fa…
E’ perciò una favola, questa, a cui noi filesi ci sentiamo particolarmente affezionati. La nostra fantasiosa variante, così ben adattata al territorio antico, non può che arricchire il già grande patrimonio folclorico e narrativo romagnolo di cui fa indubbiamente parte.
 Fa molto piacere apprendere, dallo stesso articolo della Ludla, che: «di recente, dalla fôla dal tre uchiniè stato tratto un cortometraggio a cartoni animati ad opera di Claudio Tedaldi in collaborazione con l’Atelier del cartone Animato».
La speranza ovviamente è di poter vedere, prima o poi e da qualche parte, quel Cartone che i bimbi filesi di tante generazioni hanno visto proiettato soltanto nella loro fantasia, facendola galoppare, nelle fredde sere d’inverno, sulle parole mirabolanti del fularèñ[6].
Bene, ora è il momento di raccontarla per filo e per segno questa splendida fôla dal fascino antico, magnificamente illustrata dai disegni che la matita, la fantasia, l’humour e la verve di Romano Saccani Vezzani hanno messo a nostra disposizione.
Le colorite varianti filesi del testo dialettale (con libera traduzione a fianco), sono frutto di quanto sedimentato nella memoria di chi scrive e, inevitabilmente, del suo stile narrativo.

°°°°°°°°



 

Al trè ucarìn ch’agli andéva a nöz a Bànd

U j ìra una vôlta, tènt èñ fa, quand che, coma ch’a v’ò ža det, a quĕ da nòñ l’ìra quéši tŏt aqua, una fila ad trè ucarìñ, trè surëli, ch’agli andéva a nöz a Bànd.
Al stašéva a quĕ a Fìl a ca’ d’un valarôl, fra so quant pòl e ‘na quica anàdra. Un bël dè al sintè dì, da un zižòn ch’u s’ìra férum  avšĕñ ae’ mišadùr, che a Bànd u j srĕb stê, da lè a puc, un gran Nöz.
A Fìl u j  staséva dla  žént imparintêda cun qui  d Bànd e st’agli ucarìn agli avéva sintì cunté tŏt quèl ch’us magnéva in che paéš e’ dè d San Machêri, quand che i Filìs i andéva in parìnt coma pu fašéva i Bandìš e’ dè ‘d Sant’Ègta.
E’ fo acsè che una matĕna, zĕti zĕti, al s’aviè, al ciapè la Strê di’ Dŏs e al s’infilè vérs a Bànd.
Camẽna te, che te camẽna, al pasè pr i Dŏs, e pù piàñ piàñ vérs a la Bindëla infĕna a quand ch’agli arivè a la Strê di’ Tamariš, al s mitè sòbit a möl int e’ Fusòñ dal Ciavg,  da lè al vultè pr in sŏ, vérs a l’Ôca. Màñ màñ ch’al s’fašéva avãnti ad qua e addlà  de’ Fusòn al tachè a vdé a infisìs i tamarìš, cun di’ rèm chi švintléva prinsĕna int l’aqua. Impët a l’Ôca, pröpi quand che ormai u s’avšinéva la séra al taché a sintì di’ rug’ chi paréva, anzi u s putéva dì ch’j ìra ad sicùr, qui d’un lóv.
Le tre ochette che andavano a nozze a Bando

C’era una volta, tanti anni fa, nel tempo in cui come già detto, il nostro territorio era in gran parte coperto da acqua e paludi, tre ochette, tre sorelle, che andavano ad un pranzo di nozze a Bando.
Vivevano qui a Filo, in un umile cortile, fra pochi polli e qualche anitra. Un bel giorno sentirono dire da un germano giunto ai bordi del macero, che a Bando di lì a poco ci sarebbero state grandi Nozze.
A Filo abitava gente imparentata con famiglie di Bando e le ochette avevano sentito raccontare di quanto si mangiava in quel paese il giorno di San Macario, giorno di fiera in cui i filesi si recavano dai parenti, visite restituite dai bandesi per Sant’Agata.
Fu così che un mattino, zitte zitte le tre ochette se ne andarono verso Bando per la Strada dei Dossi.
Cammina, cammina, passarono davanti ai Dossi [un ex convento], impuntarono la Cà Bindella e alla Strada delle Tamerici s’immisero nella Fossa Paolina nuotando verso nord, verso il dosso dell’Oca. Avanzando nell’acqua videro via via infittirsi la vegetazione con grandi rami che sporgevano finanche dentro la fossa. Giunte all’Oca, ormai quasi a sera, cominciarono ad udire in lontananza degli ululati, che parevano venire, anzi erano certe che venissero, da un lupo affamato.


Al stašéva a quĕ a Fìl a  ca’ d’un valarôl…
[Vivevano qui a Filo presso un vallarolo…]

al taché a sintì di’ rug’…
[cominciarono ad udire in lontananza degli ululati…]

St’agli ucarìn al s’impresionè sòbit, nenca parchè a lè d’intóran u ngn ìra né un capan e né un pulér.
«Oh purèti nòñ, e adês ‘s a fašegna?» Al dgè tŏti trè.
Intènt ch’al dgéva acsè, u s sintè, int e’ stradòn ad fiènc a la Fösa e’ cirlê dal rôd d’una brôza: l’ìra un cuntadèñ che turnéva a cà dòp avé fat un pô d’cana a lè piò in là, long a j aržnèt dla Vàl.
«Oh, bonòman, farmìv par piašé ch’avèñ bšògn. Ormai u s fa bùr, nòn arĕsmi d’andê insĕna a Bànd,  mŏ, al sintì nenca vŏ, e pê che žìra e’ lóv int sti parëg’. A s fašiv ‘na capanina, par caritê?»
«Beh mo ‘s capès! A i mitarò du minùt, a v la fèg sòbit!»
Cun so quént manŏc ad cana, òñ atàc a clêtar, in dŏ e dŏ quàtar u j fašè una bêla capanina e pu l’andè par la su strê.
Ona dagli ucarìn la i saltè sòbit indéntar ‘gènd:
« A la prùv mĕ, ch’a so la surêla piò granda…»
Mǒ apèna intrêda, patašgnàc, la mité sòbit e’ carnàz e pu la zighè: «Adës, chi ch’l’è fura, l’è fura, e chi ch’lè déntar, l’è déntar!»
Al dò surlìni a n’al savéva piò a chi arcmandês, al tachè a piènžar ad fura da l’ǒs, mǒ la piò granda la nn‘in vlè savé e la n’arvè pröpi briša.

Le ochette si spaventarono molto anche perché, nei paraggi, non si vedevano capanni o pollai.
«Oh povere noi, -dissero assieme- e adesso che facciamo?»
Proprio in quel momento venne, dallo stradone adiacente la Fossa uno stridio di ruote di biroccio: era un contadino che tornava a casa dopo aver tagliato un po’ di canna lungo le rive della Valle.
«Buonuomo, fermatevi per favore che abbiamo bisogno. E’ quasi buio, vorremmo andare a Bando, ma, lo sentite anche voi, c’è in giro il lupo in questo luogo. Ce la fareste una capannina, per carità?»
«Ma certo! Impiegherò due minuti, ve la faccio subito!»
Con qualche fascio di cannuccia, uno di fianco all’altro fece subito una bella capannina e poi se ne andò per la sua strada.
Una delle ochette entrò dentro e disse:
«La provo io, che sono la sorella maggiore…»
Appena entrata però, patasgnac, azionò il catenaccio in un lampo dicendo: «Ora, chi è fuori e fuori, e chi è dentro è dentro!»
Le due sorelline rimasero allibite, non sapevano più a chi raccomandarsi, si misero a piangere fuori dall’uscio, ma la sorella non aprì, fu irremovibile.



A s’ fašiv ‘na capanina, par caritê?»
[Ce la fareste una capannina, per carità?]

chi ch’l’è fura, l’è fura…
[chi è fuori e fuori…]



E’ tachéva ormai a ‘rburês i cantóñ e i rug’ de’ lóv i s sintéva sèmpar piò avšĕn, alóra a dò ucarìn al s mitè a caminê pianžend long ae’ sintìr ch’andéva a Bànd, fĕna ch’al sintè l’armór d’un carèt. L’ìra d’un marangòñ, un garžòn de’ falignàm ch’l’avéva tajê int e’ bos-c un bël pô ‘d tundĕl ad tamaréš.
Agli curè incóntar tŏti dò zighènd: «Fas e’ piašé, marangòñ, fàs una capanìna che ormai e’ fa nöt e u j è e’ lov che žira par e’ bos-c!»
«Mŏ purìn al mi ucarìn, a v’la fèg sòbit!»
E’ ciapè int la séga e döp un pô e’ dašè fura una bëla capanina ad tamaré e pu, nenca lò, u s’aviè par la su strê.
La mžêna la ‘gè alóra: «Adës u m tòca pu a mĕ a pruvê la cašina…» La saltè déntar e… ciàc ciàc, la mitè e’ carnàz nenca lì, dgènd: «Chi ch’l’è fura, l’è fura, e chi ch’l’è déntar, l’è déntar!».
La znìna, la pureta, la zighéva a tŏt andê: «Arvĕsum, arvĕsum, t’a n’e’ sìnt che e’ lóv l’è quĕ che ‘riva?» U n’i fŏ gnit da fê.

Cominciavano a calare le tenebre, gli ululati del lupo si avvicinavano, quando le due ochette ripresero piangendo il sentiero per Bando, finché udirono il rumore d’un carretto. Era di un legnaiolo, un garzone del falegname venuto nel bosco per tagliare qualche bel ramo di tamerice.
Gli corsero incontro piangendo: «Facci un favore, legnaiolo, facci una capannina che è quasi notte e qui c’è il lupo che sta vagando per il bosco!»
«Povere ochette, ve la faccio subito!»
Mise mano alla sega e dopo un po’ dalle sue mani uscì una casetta fatta di buoni rami di tamerice; anche lui poi, riprese la sua strada.
L’ochetta mezzana disse allora: «Ora tocca a me provare la casetta…» Entrò e poi… ciac ciac, fece scattare dietro di sé il catenaccio dicendo : «Ora, chi è fuori e fuori, e chi è dentro è dentro!»
La piccolina, poveretta, ormai non aveva più lacrime per piangere: «Aprimi, aprimi, non senti che il lupo sta arrivando? Non ci fu niente da fare.


Mŏ purìn al mi ucarìn, a v’la fèg sòbit!
[Povere ochette, ve la faccio subito!]


Arvĕsum, arvĕsum…
[Aprimi, aprimi…]




Ormai u s’éra quéši fàt nöt, u n s muvéva piò ‘na fója e la strê biènca la s’avdéva a malapèna cun i zig de’ lóv chi paréva incóra piò všĕn.
L’ucarìna piò znìna la caminéva e s la pianžéva quand che d’un tràt la sintè di pës ad córsa e e’ strìdar dal rôd d’un carèt. L’ìra càrg ad latǒñ e ad spranghi d’fër e u j caichéva drì un fràb ch’u s’andéva a cà têrd, dòp avé finì e’ lavór da i padròñ d’un pëz ad valèta.
«Dai magnàñ, aiùtum, fàm una capanina, par caritê, ch’a so ‘rmasta da par mĕ, e e’ žira e’ lóv!».
La dmandéva e s la zighéva, elóra e’ fràb e’ ciapè sòbit int agli intnàj e e’martêl, e cun quàtar böt e’ dašè fura una cašina d fër da fê mĕl voj.


Ormai era già quasi notte, non si muoveva più foglia, la bianca strada s’intravedeva appena e le urla del lupo s’udivano sempre più vicine.
La piccola ochetta camminava e piangeva ancora a dirotto quando ad un tratto sentì qualche passo di corsa e lo stridere delle ruote di un carretto. Era carico di ferraglia e di verghe di ferro, sospinto da un fabbro che tornava a casa tardi per aver finito il lavoro presso i padroni di uno scorcio di valle.
«Oh calderaio, aiutami, fammi una capannina per carità, sono rimasta sola e qui c’è un lupo vagante!»
Chiedeva e piangeva così tanto che il fabbro prese subito martello e tenaglie; in pochi colpi mise in piedi una casina di ferro davvero invidiabile.

Dai magnàñ, aiùtum…
Oh calderaio, aiutami…


…e’ dašè fura una cašina d fër da fê mĕl voj.
[…mise in piedi una casina di ferro davvero invidiabile.]


Intènt e’ lóv e’ šnašléva long a j aržnĕt e stra ‘l möti, pidghènd e šgargatènd, da la fàm ch’l’avéva. Da stramêž i tamarìš e’ sintè un udór che cgnuséva ad röba da magnê: l’udór dagli ucarìn. U j andè drì e l’arivè a la cašina d paja.
«Ooh, la mi ucarina, al sö che t’cì a lè, arvĕsum la pôrta!» E sòbit döp: «Dai fa prèst ch’a j ò fàm…» E pu, prĕma d’avé ‘n’arspösta: «Adës a t’fëg un scuržèñ scuržòn ch’at bŏt žò tot e’ capanòñ!»
E’ acsè difàti e’ fašè, e’ lóv. L’amulè una bòmba che la zuglìna, la paja e la cana al vulè infĕna ae’ zìl, e pu u s butè adös a l’ucarìna: «Aammm». Cun la fàm vëcia ch’l’avéva u la mandè žo tŏta intìra, tŏt int un pcòñ.
Intanto il lupo annusava ogni odore lungo gli arginelli e nei pantani, pestando e sgolandosi a più non posso, dalla fame che aveva. Fra le fronde di tamerice fiutò un aroma d’oca mangereccia che gli era noto. Lo seguì e giunse alla capannina di paglia.
«Ochetta, so che sei lì, aprimi la porta!» E subito dopo: «Fa presto che ho fame…» Poi, prima di ricevere risposta: «Ora ti faccio uno scoreggino scoreggione e ti butto giù tutto il capannone!»
Il lupo passò subito ai fatti. Sganciò una bomba tale che i giunchi, la paglia e la canna volarono fino al cielo e poi si buttò addosso all’ochetta: «Aamm». Con la fame vecchia che aveva, l’ingoiò tutta intera, in un solo boccone.


e’ lóv e’ šnašléva long a j aržnĕt…
[il lupo annusava ogni odore lungo gli arginelli…]


a t’fëg un scuržèñ scuržòn…
[ti faccio uno scoreggino scoreggione…]

E’ fašè du pês, e’ stašéva incóra mandènd žò, quand ch’e’ sintè incóra l’udór d’ucarìna. Senza pinsê piò a gnìt, ste luàz, da la fàm ch’us tiréva drì da un töc, e’ tachè a pidghê sfarghènd e’ nêš drì tëra e puc luntàñ, stra i spèñ e al ràž sota i tamarìš, e’ truvè e’ capanĕñ ‘d lègn dl’ucarìna mžêna.
Cun ‘na vós incóra piò ragaìda alóra e’ rugiè:
«Ucarìna, arvĕs la pôrta, ch’a t la bǒt žò!»
E sòbit döp: «A t’fëg un scuržèñ scuržòn ch’at bŏt žò tot e’ capanòñ!» L’amulè una ghéga sèca ch’la paréva una sajèta int e’ méš d’agòst; i tundĕl ad tamaréš i squasè in sŏ e in žò pr un pëz e pu i s’arbultè.
E’ lóv e’ spalanchè la bucaza  cun chi dẽnt chi paréva di curtĕl da mazalér e pu adös: u s magnè pr intìr nenca l’ucarìna mžêna.
Adës mo l’avéva la pènza bëla tiràta, e’ sintéva incóra al pèñ ch’agli rušghéva in góla, mo’ l’ìra un bël töc che u n s’sintéva acsè pĕn. Parò, s’la n’ìra sól un’impresiòñ, a lŏ u j paréva ad sintì incóra che bòñ udór d’ucarìna.
Šnêša, šnêša a pènza a bàs u s fašè ciapê da l’udór e, a lè puc luntàn, int e’ slêrg d’una barléda, e’ truvè un’êtra cašina, quèla d’fër, quèla dla piò znìna dagli ucarìn.
«Dai mö, puchi maravĕj ch’a j ò ‘rmàst puca pazìnzia, arvĕsum sobìt sinö a t fëg un scuržĕñ scuržòñ ch’at bŏt žò tŏt e’ capanòñ!»
Mo’ u n’asptitè gnenc l’arspösta, l’amulè sòbit un gran scuržaz, e pu dù, e pu trì. Pruom… Pruom…Pruomm. Mocchè. U s prilè e la cà d fêr l’ìra incóra férma com un pónt.
U j dašè incóra parëci vôlt, bromm… brommm cun di sfùrz sèmpar piò grĕnd: breemm… breemmm… e e’ fŏ a lè che la pènza la j s-ciupè.
Alóra l’ucarìna  znìna pianì pianì l’arvè la pôrta, la gnè fura e l’andè da e’ lóv stramazê par tëra.

Fece due passi e stava deglutendo quando sentì ancora forte l’odore di ochetta. Senza riflettere, il golosone, con la fame che si tirava dietro da un pezzo, esplorò ogni anfratto col naso radente a terra e poco lontano, fra spini e rovi sotto le tamerici, trovò la casetta di legno dell’ochetta mezzana.
Con la voce ancor più rauca allora gridò:
«Ochetta apri la porta, sennò te la butto giù!»
E dopo: «Ora ti faccio uno scoreggino scoreggione e ti butto giù tutto il capannone!»
Sparò un colpo secco che pareva una saetta nel mese di agosto; i tondelli di tamerice traballarono per un po’, poi rovinarono a terra.
Il lupo spalancò la boccaccia dai denti affilati come altrettanti coltelli da macellaio e in un attimo ingoiò intera anche l’ochetta mezzana.
Ora sentiva davvero la pancia ben tesa, sentiva ancora le gustose penne sfregargli la gola, ed era un bel po’ che non si sentiva così pieno. Tuttavia, se non era una pura impressione, a lui pareva di sentire ancora un intenso odore d’ochetta.
A forza di annusare pancia a terra percepì l’odore preciso e, poco lontano, in un piccolo spiazzo trovò un’altra casetta, quella di ferro, quella della più piccola fra le ochette.
«Dai, su, poche storie che non ho più pazienza, aprimi subito altrimenti ti faccio uno scoreggino scoreggione che ti butto giù tutto il capannone!»
Ma non aspettò la risposta, sparò immediatamente un gran peto, e poi un secondo e un terzo. Pruom… Pruom… Pruomm. Macché. Si girò e la casina di ferro era ferma e cstabile come un ponte.
Si sforzò ancora parecchie volte, bromm… brommm… con sforzi sempre maggiori: breemm… breemmm… e fu lì che la pancia gli scoppiò.
Allora la piccola ochetta, pian piano aprì la porta, uscì e andò presso il lupo stramazzato a terra.



u s magnè pr intìr nenca l’ucarina mžêna.
[ingoiò intera anche l’ochetta mezzana.]


e’ fŏ a lè che la pènza la j s-ciupè.
[fu lì che la pancia gli scoppiò].


pianì pianì l’arvè la pôrta…
[pian piano aprì la porta…]


Cun un curtlaz ch’u j avéva làs e’ fràb la j arvè la pènza e la tirè fura al su do surëli. Agli éra un pö sparnazêdi, mo’ incóra vìvi e pu nènc  purasé pintidi.
Lì la s li purtè int la cà d fër indǒ ch’al s mitè a durmì abrazêdi infĕna a la matĕna.
Coma che spuntè e’ sól al ciapè la strê par Bànd e döp un pô al dašè fura da e’ Bos-c di’ Tamariš.
A Bànd, int e’ misadùr indó ch’us tgnéva ste gran nöz u s’ìra ardŏt una fila d’ôc, d’anàdar e zižǒñ ch’la n finéva piò. E’ fǒ un nöz che durè una ciöpa ‘d dè, cun dal magnêd ch’a n’al s’ìra mai vĕsti.


Con un coltellaccio lasciatole dal fabbro gli aprì la pancia e così fece uscire le sue sorelle. Erano un po’ spennate, ma miracolosamente vive e molto pentite.
Lei se le portò nella casina di ferro dove dormirono abbracciate fino al mattino.
Appena spuntò il sole ripresero la strada per Bando e presto uscirono dal Bosco del Tamariso.
A Bando, nel macero ove si teneva il gran pranzo di Nozze, s’era radunata una fila enorme d’oche, anatre e germani. Fu una celebrazione che durò un paio di giorni, con mangiate mai viste prima.



e la tirè fura al su do surëli.
e così tirò fuori le sue sorelle.


e’gran nöz
il gran pranzo di Nozze



Quand ch’al s’agnè cà e al fŏ impët a la Bušanaza, stavôlta al s’tufè int al Brèncul e agli avanzè insĕna quéši ae’ Valòñ,  fašèndla piò lónga, mŏ scansènd, par l’amór di Dio, e’ bùr de’ Bo-sc di’ Tamarìš.


Quando tornarono a casa, nei pressi della Bušanaza, stavolta si tuffarono nelle Valli Brancole e ne percorsero un bel tratto fin quasi all’odierno Borgo Vallone, allungando il percorso, ma evitando, per carità di Dio, l’oscuro Bosco del Tamariso.




°°°°°°°°°





[1]La Ludla (La Favilla), periodico dell’Associazione “Istituto Fredrich Schurr per la valorizzazione del patrimonio dialettale romagnolo”, Anno XIX, settembre 2015, n.7 (162) pp. 8-9.
[2]«I tre porcellini» - riporta Wikipedia - è una fiaba tradizionale europea di origine incerta. Pubblicata per la prima volta da James Orchard Halliwell-Phillipps intorno al 1843 nella raccolta Nursery Rhymes and Nursery Tales, riprende certamente un racconto della tradizione orale di molto antecedente […].
[3] La sostituzione del  romagnolo col toscano-italiano nella funzione di lingua madre è avvenuta rapidamente  in Romagna in tempi recenti, ossia intorno ai primi anni ’50 del ‘900 quando l’affermarsi della radio e della televisione determinò grandi cambiamenti in un paese in forte sviluppo economico, mutamenti «epocali» che segnarono per molti aspetti l’abbandono di usi, costumi e cultura popolare diffusi da secoli presso le nostre popolazioni.
[4] Si tratta dell’Oca-Pisana (da scrivere col trattino), lo stradone lungo un paio di Km che, dopo le bonifiche di fine Ottocento, unì il dosso dell’Oca con la Cà Pisana, quest’ultima localizzata nei pressi dell’odierno fungo dell’acquedotto, accorciando il tragitto Filo -Bando e tagliando fuori la vecchia  «Strada dei Dossi». La porzione di Mappa a fianco è tratta dalla Carta [napoleonica] del Ferrarese, Vienna, Kriegsarchiv, B VII a 284-6, foglio 4 G, e risale al 1812-1814.
[5] Per approfondire il personaggio si veda in questo blog: 28.10.2007 - Cömodi Agide Vandini, Ricordo del narratore e intrattenitore filese Ricci Maccarini Mario (Cömo) - http://filese.blogspot.it/2007/10/personaggi-filesi-1-cmo.html
[6]Fulesta in altre parti della Romagna.

Il «Quaderno» dell’Irôla n.12

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La favola delle tre ocarine


Ho affidato a www.scribd.com il Quaderno dell’Irôla n.12. Contiene la favola qui pubblicata pochi giorni fa. Il link diretto per l’accesso al file (.pdf) (di 10 pagine)(scaricabile) è il seguente:


Riepilogo per comodità dei lettori che ne fanno raccolta i «Quaderni» sin qui usciti e presenti in rete:


N.
Data Upload
Titolo
Link a www.scribd.com

Pagine
(escluso la copertina)

00     30.04.2014  Frontespizi e Integrazioni Quad. 1-4  http://www.scribd.com/doc/221159152/Frontespizi-e-Integrazioni-Quaderni-Irola-1-4                     9
01     08.01.2009 L’antico Hospitale di San Giovanni in Filo                http://www.scribd.com/doc/9695193/LAntico-Hospitale-Filo                                        8
02     13.02.2011 Le otto chiese della storia di Filo                               http://www.scribd.com/doc/48682684/Le-8-chiese-della-storia-di-Filo                       16
03A  11.05.2011 I trascorsi filesi di Ziridöni(10 pagine)      http://www.scribd.com/doc/55543424/I-trascorsi-filesi-di-Ziridoni-vers-scribd    10
03B  11.05.2011 Loris Rambelli -Paesaggio con figure http://www.scribd.com/doc/55540319/Paesaggio-con-figure-Ziridon-di-Loris-Rambelli                    32
03C  11.05.2011 Giovanna Righini Ricci)- Ziridöni       http://www.scribd.com/doc/55351186/Ziridoni-Di-Giovanna-Righini-Ricci                          4
04     26.08.2011 Per le vie di Filo                                                        http://www.scribd.com/doc/63554116/Per-Le-Vie-Di-Filo-Guida                               16
05    15.05.2014 Quando a Filo si pescavano gli storioni http://www.scribd.com/doc/224272246/Quando-a-Filo-Si-Pescavano-Gli-Storioni         10
06    09.06.2014 Person.caratt.filesi (I°Racc.) http://www.scribd.com/doc/228407719/Quaderno-n-6-Personaggi-caratteristici-filesi-I-Raccolta                     19
07    07.07.2014 Perché Filo è diviso in due                                          http://www.scribd.com/doc/232876033/07-Perche-Filo-e-Diviso-in-Due                 10
08    29.08.2014 Person.caratt.filesi (II°Racc.)  http://www.scribd.com/doc/238075131/08-Personaggi-caratteristici-filesi-2-Raccolta                    10
09    29.08.2014 Person.caratt.filesi (III°Racc.)  http://www.scribd.com/doc/238075874/09-Personaggi-caratteristici-filesi-3-Raccolta                     8
10    11.11.2014 Filo 1944 - Il ricordo                                   https://www.scribd.com/doc/246216153/10-Filo-1944-Il-Ricordo                             35
11    05.12.2014 Novant’anni fa Albino Vanin          https://www.scribd.com/doc/249232257/11-Novant-Anni-Fa-Albino-Vanin                                         10


A questi viene perciò ad aggiungersi:

12    27.10.2015 La favola delle tre ocarine          https://www.scribd.com/doc/287198538/12-La-Favola-Delle-Tre-Ocarine                                 10


Rimando, per indicazioni e suggerimenti circa la modalità di raccolta, alla lettura di quanto pubblicato il 30.4.2014: http://filese.blogspot.it/2014/04/i-quaderni-dellirola.html

Consiglio vivamente, una volta effettuato lo scarico (“download”) del file da scribd, di controllare la corretta composizione delle pagine in “Word” e di apportare gli aggiustamenti manuali necessari, prima di procedere alla stampa.
a.v.

Sagra degli Antichi Sapori 2015

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Le locandine



Siamo tutti invitati.



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Tugnàz dla Garušla

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Una forza della natura, un mito della campagna filese
diAgide Vandini

Capita, in paeselli come il mio, di divenire eroi leggendari senza volerlo, magari più «leggendari» che «eroi», quando la fantasia, l’immaginario, l’epospopolare sono attratti da tipi fuori dal comune, da virtuosi o talenti del mondo contadino, piccole stelle di campagna le cui luci balenanti scintillano di pari passo con l’ammirazione di amici, compagni di lavoro e paesani tutti.
Non importa se in qualche caso il soggetto in questione difetta di qualche venerdì,  se si esprime a fatica, o se ha una storia familiare complicata, anzi. A volte sono proprio queste disagevoli circostanze a favorirne una fama che supera il tempo, e ad accrescerne, giorno dopo giorno, il giusto orgoglio in chi gli vive, o gli ha vissuto, accanto.
E’ il caso di Tugnàz dla Garušla, spentosi in vecchiaia qualche anno fa, nonché della sua forza pacifica e laboriosa, tuttora ricordata dagli amici del caffè con aneddoti e amarcord che ne tramandano il mito.
Lui era giunto alla Garusola ancora in fasce nei primi anni ’30, allorché la giovane madre[1]si era allontanata da un matrimonio sbagliato e da un uomo presto rimasto storpio. Si era riunita a fratelli e genitori, i Žöta[2]che da poco vivevano nella borgata filese. Il bimbo fu ben accolto da nonni e zii materni; con essi egli rimase sempre, anche quando la mamma si creò una nuova famiglia con un certo Ganna[3].
Tugnàz, al secolo Antonio Saccomandi[4], crebbe grande e grosso alla Tenuta Garusola, oggi terra di profumatissimi vini e di sterminati vigneti. Lui, di costituzione robusta ed insolita (si pensi che alla nascita pesava già sei chili), dimostrò, salendo di statura, una energia fuori dal comune, una forza muscolare stupefacente, tale da divenire ben presto leggendaria al mio paese come nelle terre limitrofe. Nelle comparazioni più colorite e nei modi di dire, il suo nomignolo e la sua figura vennero ad indicare, nel difficile ma laborioso dopoguerra, la vigoria fuori misura, la forza lavoratrice senza eguali.
Mio padre, a metà degli anni ’50, al tempo della maturazione fisica del giovane, frequentava parecchio le campagne filesi, ove riparava un po’ ovunque attrezzi, aratri e mieti-leghe, felice del contatto con l’umanità straordinaria che da sempre s’incontra fra la gente contadina. Lui amava raccontare e tinteggiare da par suo i personaggi di casa nostra, sicché del prodigioso Tugnàz mi parlava spesso, tornato a casa, a tarda sera.  Io gli sedevo accanto mentre cenava e talvolta ascoltavo rapito le lodi alla forza eccezionale di questo formidabile eroe di campagna.
Alle prese con lo studio dell’Iliade, poco a poco e non senza una certa irriverenza, finii per associarne le imprese a questo o quell’eroe omerico presente nella mia fantasia. Tugnàz, all’ascolto di quei racconti, diveniva in sostanza l’Aiace paesano, la forza generosa e prorompente che infiamma i giovani cuori, capace di infondere, in ogni uomo che sia tale, naturale ammirazione e rispetto.


Aiace Telamonio, re di Salamina, eroe di grande potenza fisica e abilità guerriera, secondo solo ad  Achille.
[…]Seguì l’esempio il gran Telamonìde,
ed afferrato e sollevato ei pure
un altro assai più grande e rude macigno,
con forza immensa lo rotò, lo spinse
contra il nemico. Il molar sasso infranse
l’ettoreo scudo, e di tal colpo offese
lui nel ginocchio, che riverso ei cadde
con lo scudo sul petto; […]

Allor Palla Minerva a Dïomede
Forza infuse ed ardire, onde fra tutti
Gli Achei splendesse glorioso e chiaro.
Lampi gli uscían dall’elmo e dallo scudo
D’inestinguibil fiamma, al tremolío
Simigliante del vivo astro d’autunno,
Che lavato nel mar splende più bello[...] [5]

Diomede, re dell’Etolia, il più giovane degli eroi greci: ardito e coraggioso fino a cimentarsi contro gli dei.  

Versi come questi e le tante trame omeriche sotto le mura di Troia, risuonavano reboanti alle mie orecchie, quando a sera il babbo mi parlava della forza sovrumana di Tugnàz, l’ercole di casa nostra. Mia madre, di concerto, farciva gli aneddoti di massime dialettali di lungo respiro quali Arcòldat checontr a la fôrza e’ bšogna andê adéši [Ricorda che la forza va sempre rispettata] oppure Da che mònd l’è mònd e’ tòca pu sèmpar a i strëz a ‘ndê par ària[Da che mondo è mondo sono sempre i più deboli a venire sottomessi].
Fu così che nella mia mente di adolescente la forza pacifica e contadina di Tugnàz, ebbe la meglio su quella di Diomede e di Aiace Telamonio, guerrieri senza pari le cui imprese, ahimè, rimpicciolivano e svaporavano al cospetto di un simile, emozionante epos paesano.

Pare fosse un tipo piuttosto sempliciotto, Tugnàz, uno che in famiglia non ebbe mai incarichi precisi; ma di lui, in paese, per molti anni si raccontarono e si lodarono grandi mirabilie.
Si diceva ad esempio che vedendo il nonno Settimio riparare la foratura di una camera d’aria, e faticare nel rimettere in sede il copertone di una ruota della bicicletta, egli avesse risolto il problema a modo suo. Con una mano sola, aveva piegato il cerchio della ruota e reso possibile al nonno il completamento dell’opera.
Pare poi che con relativa facilità riuscisse ad atterrare vitelli di 5 o 6 quintali, che questi vitelli, da piccoli,   egli li riportasse alla greppia tenendoli in braccio, che strapazzasse i buoi prendendoli per le corna, che alzasse e sballottasse i sacchi di grano come cartocci di lupini e, infine, che manovrasse e manipolasse da solo i tubi da pozzo in posizione verticale, quando gli altri a malapena riuscivano a farlo in tre.
Aveva difficoltà nell’esprimersi, Tugnàz, nel rapportarsi agli altri. Nella sua stessa casa contadina viveva anche uno zio, un certo Arturo, che, quanto a testa, pare battesse a segno meno della sua; si pensò che, vivendogli accanto, la sua mente ne soffrisse. Il ragazzone fu preso perciò «in consegna» da alcuni braccianti fissi, in particolare da Pinéñ e da Anžlì Monterastelli. Il giovane Tugnàzapprezzò molto. Si disse che, per gratitudine, li avesse talmente cièp in bóna,  che, chi avesse storto loro un capello, o avesse anche soltanto osato guardarli di traverso, con Tugnàz dla Garùšla  avrebbe passato un brutto quarto d’ora.
Lui però era buono e pacifico: bòñ coma un pëz d lègn sottolinea ancora oggi Piröcia [Aldo Leoni] per qualche tempo suo vicino di casa. La sua forza era fuori da ogni immaginazione; se mai madre natura aveva fornito qualcun altro di «petto doppio», lui - si diceva - aveva avuto in dote addirittura una prodigiosa, quanto misteriosa, «doppia nervatura». Del resto, era questa la sola spiegazione ad una tale potenza muscolare. Se - si diceva ancora - gli fosse stata insegnata la boxe, oppure una qualche varietà di lotta, Tugnàz, con la titanica forza di cui disponeva, avrebbe facilmente sbaragliato qualunque avversario. Qualcuno, in effetti, arrivò dalla città nel dopoguerra, proponendogli la strada del pugilato, ma non se ne fece nulla. Nonno Settimio, che temeva evidentemente insidie e pericoli per il nipote, non ne volle sapere.

Anno 1960. Tugnàz (a sinistra nella foto)
è con la cugina Veglia di Faenza e con Augusto Vallieri

Anno 1970. Tugnàz (al centro nella foto) è con Giuseppe Baldiserri (a sinistra) e con lo zio Cesare Ballardini 
(a destra), papà di Anna.

I sacchi di grano non li caricava sulle spalle come chiunque altro, lui se li alzava verticalmente davanti al corpo e li portava con leggerezza fino a destinazione. La stessa disinvoltura la usava, nei lavori di stalla, per manovrare da solo e’ cariulòñ de’ stàbi, carico e stracolmo, cosa che di solito richiedeva l’opera di un paio di lavoranti; Tugnàz sospingeva il carro di pesante metallo in solitudine fin sulla médae lì, in totale controllo, procedeva, senza aiuti o sostegni, al ribaltamento del carico nella pozza del letame.
Coi vitelli, come si è già detto, aveva un rapporto speciale, sapeva farsi rispettare, anche perché, se non succedeva, e la cosa era assai rara, pare dispensasse loro certe mazzate in testa, a pugno chiuso, da far roteare gli occhi per un paio di minuti agli increduli bovini. Quel che è certo - ricorda la cugina Anna Ballardini che lo ebbe in famiglia -  è che un comune forcale era sotto misura per lui: per lavorare fieno e barbabietole si chiese allora al fabbro di fabbricarne uno speciale a cinque denti anziché quattro. Ricorda ancora come a Tugnàz si portasse da mangiare in campagna, non col classico ed usuale «pignattino» comune ad ogni lavorante, ma, cosiderato il fabbisogno alimentare, con la pentola grande da cucina. Anna ricorda infine quando da bambina vedeva tornare i propri familiari, la sera, col fieno tagliato e raccolto  lungo gli argini, poi caricato e trasportato fino a casa sul pesante biroccio, trainato dal solo… Tugnàz
Chi lavorava al fianco di questo gigante buono aveva sempre di che stupirsi. Efrem Gherardi, ad esempio, narrava poche settimane fa dei suoi tempi di gioventù, quando il concime, il nitrato di calcio, si cospargeva a mano. Era un lavoro necessario, ma pesante e faticoso.  Il trattore coi sacchi da un quintale giungeva col rimorchio fino al limitare dei campi arati, poi, dal sentiero, si dovevano trascinare questi sacchi a forza di braccia, camminando fra i solchi e lungo il terreno sconnesso, per distanze, a volte, di qualche centinaio di metri. Chi si sorbiva il trasporto e lo spargimento nelle zone più lontane, ovviamente, era sempre il buon Tugnàz che prendeva sottobraccio i sacchi di nitrato come fossero semplici cocomeri.
Nell’85, l’anno in cui le temperature scesero sotto i 20 gradi, si ebbero insolite difficoltà nella stalla: gli abbeveratoi gelarono completamente e divennero inutilizzabili; Tugnàz, preoccupato per i suoi vitelli, ruppe più e più volte lo strato di ghiaccio a mani nude, procurandosi un principio di congelamento alle dita. Fu costretto a tenere per un mese le mani fasciate, settimane che per lui furono terribili, soprattutto per la mancanza del lavoro quotidiano. Fu una sofferenza che lo spinse più volte alle lacrime.
Era un gran lavoratore Tugnàz, forte quanto volonteroso, allo stesso tempo però era anche diligente, capace, cun dl’ǒsta, come diciamo noi, soprattutto dotato, nel suo «ego» profondo, di infinita generosità e bontà. Difficilmente perdeva il controllo dei nervi al punto da passare a vie di fatto.
Ci fu soltanto un’occasione, a memoria di chi lo conobbe bene, in cui quella forza della natura straripò, e fu verso chi, con troppa avventatezza, ne aveva sfidato l’ira. D’altronde, come diceva mia madre, ci sono circostanze in cui … o balê, o scusêr e’ cùl... [o ballare o scodinzolare… - modo di dire dialettale che sottolinea come a volte non ci si possa sottrarre al combattimento-]. Fu quando alcuni lavoranti capitati nell’adiacente Garusolinavollero impadronirsi della legna che il buon Tugnàz aveva raccolto per cuocere un po’ di carne sulla gardëla, e che aveva poi lasciato, per qualche momento, incustodita.
Gli ignari avventori, senza riflettere, vollero portarsi via, a bracciate, tutta la legna secca. Non fecero però in tempo ad allontanarsi, se non di pochissimi metri … quanto meno coi loro stessi piedi. Appena Tugnàz fu alle loro calcagna, gli sciagurati all’improvviso si sentirono sollevare in aria di peso, e cominciarono ad involarsi, a due per volta, verso le terre, per fortuna poco distanti, della Garušlìna.
La legna rimase lì, sparsa in disordine sul punto di decollo, mentre i malcapitati, rischiata la castlê d'böt[un mucchio di botte[6]], per pochi attimi (ma a loro parve un’eternità), sorvolarono come dirigibili in crociera i cieli della Tenuta Garusola. In volo buttarono appena qualche occhiata preoccupata sotto di loro, finché non toccarono terra nella più accogliente Garusolina, il che avvennedopo aver scavalcato, per via aerea e per grazia divina, una batteria di pungenti spĕñ ad gata, la folta e minacciosa siepe spinosa che, da tempo immemorabile, fungeva da linea di confine fra le due antiche proprietà.

Tugnàz quasi settantenne 
(anno 1999)
Cervia, 2004: la famiglia di Anna Ballardini. Da sinistra Andrea, poi l’anziano Tugnàz in cardigan blu,Anna, la mamma Santa (detta Dina) e il fratello Arturo.



[1] Ballardini Irma, classe 1911, originaria di Pezzolo in comune di Russi.
[2]Žöta, soprannome di famiglia dei Ballardini, pare derivi dalla tenuta di Brisighella da cui proveniva nonno Settimio.
[3]Ravaglia Giovanni originario di Longastrino. I due, in epoca in cui non esisteva divorzio, non poterono mai sposarsi. Presero casa nelle vicinanze ed ebbero insieme la figlia Giuliana Ravaglia.
[4] Nato in comune di Russi il 7-7-1930 e deceduto a Filo il 13-5-2011.
[5]Omero, Iliade, VII, (328-335) e V, (1-7)
[6]La castlêera un recipiente agricolo di notevoli dimensioni e capacità con cui si trasportava l'uva pigiata (q. 9,60).

Letterona di Natale

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Amarcord filese dedicato al Palazzone
di Aderitto Geminiani

Santo Natale, Addì 19/12/2015. 

Mi chiamo Aderitto, ma tutti mi chiamavano Pippi, sono di Filo, il mio piccolo paese, dove, credo, ormai siano in pochi a ricordarsi di me.
Sono nato nel Palazzone, l’edificio più grande e più alto del villaggio, oggi in rovina, ma fucina di singolari personaggi in un’epoca in cui metà degli abitanti vivevano stipati in grandi caseggiati (la Cà Longa, i Vagòñ e e’ Palazòñ, appunto), in locali presi a pigione ove famiglie assai numerose si sistemavano in una o due stanze al massimo.

Il Palazzone qualche anno fa

Una mia nipotina qualche anno fa, dopo aver ascoltato i tanti racconti e le lunghe elencazioni di chi era nato in quel mastodontico edificio, mi chiese se tutti i Filesi erano nati nel Palazzone.
Con grande stupore le domandai il perché e lei, candidamente, replicò:  «Ma non è un Ospedale?» Le spiegai allora un po’ meglio come stavano le cose e lei, quasi incredula, annuì.
Nel Palazzone vivevano fra i tanti, con le loro rispettive famiglie, alcuni miei coetanei come Franco Guasoni, figlio del calzolaio Olao, Giorgio dott. Tamba, figlio di Jonne ed Enrico nonché Ermanno Zagatti, nipote di Meto, e perciò cugino di Jorky (Medardo Tirapani).
Eravamo tutti del ’38 o ‘39 e a scuola frequentavamo la stessa classe. Un insegnante ci battezzò niente meno che: «Il quadrunvirato del palazzone», appellativo di cui chiaramente andavamo fieri.

 Un’estate, durante le vacanze, arrivò persino una cartolina indirizzata proprio al «Quadrunvirato del palazzone». Il postino, molto imbarazzato, la lasciò al forno Rossi, che stava al pianterreno del nostro stesso fabbricato, e da lì, una volta riconosciuto il mittente, e intuiti i destinatari, la cartolina ci fu recapitata, con grande gioia di tutti.
Nel nostro pianerottolo viveva anche la Möra(Gattia Udolina), madre della ‘Stašìa(Anastasia Vandini) e dell’Irie, a sua volta madre di Franco Guasoni.
Un giorno, in prossimità delle feste, la sentii rivolgersi alla mia mamma e all’Irie con queste parole):«Ma voi?... Domani è Natale e non pensate neanche di fare una parvenza di albero? Voi che avete dei bambini? »
Le due donne risposero imbarazzate: «Ma non abbiamo l'albero! E poi cosa ci possiamo appendere?»
 La Möra,quasi indispettita partì tambur battente. Andò ai Dossi, recuperò due rami di pino e li portò a casa. Ne diede uno a Franco ed uno a me. Io lo porsi subito alla mia mamma che a quel punto esclamò:
«E adesso cosa ci appendo all’albero?»
Soldi non ce n’erano, mia madre quindi si arrangiò come poté. Mise quel ramo dentro un barattolo di latta e cercò di addobbarlo con qualche caramella e alcuni zuccherini fatti da lei. In vita mia per la prima volta capii il significato del Natale, con l'albero che ne avrebbe simboleggiato la festa.
La sera stessa, a mezzanotte, assistetti alla Santa Messa e compresi pure il comune detto dialettale rèsar lóng coma Mèsa cantêda (essere lunghi come la messa cantata): non finiva mai!!!
Per l'indomani la mamma aveva preparato un cibo speciale, riservato alle grandi festività, ovvero Natale, Sant’Agata e Pasqua:  i cappelletti in brodo e il coniglio arrosto.
Mi diedi parecchio da fare...
Come sono cambiati i tempi, da allora! Forse è meglio così, ma quei valori e quelle sensazioni tanto innocenti esisteranno ancora? E la immensa felicità che si provava in quella giornata fin lì sconosciuta? Altri bambini la proveranno ancora? (Pippi)                                                       

Indice 2007-2015 – Storia e Geografia del Territorio

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Storia e geografia del Territorio- Annate: 2007-2015
Per conoscere la storia, l’ambiente e la geografia del territorio

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Novecento:
26.10.07 - Quei soldati filesi della Grande Guerra - B.Carlotti - Ricordo dei filesi caduti nella Grande Guerra
17.04.10 - Il ministro Rossoni a Filo nel 1938- a.v. - 12 Foto inedite ricavate dal filmato «Luce»
14.03.14 - C’è un cane fra i partigiani… - Racconto di Antonio Meluschi (trascr.e appendice di Agide Vandini)
23.03.14 - Lui, «Il Dottore», lei, «L’infermiera»… a.v. - Meluschi, Viganò e vita partigiana negli «Appunti» di Giovanni Pulini
01.05.14 - In ricordo di Albino Vanin – a.v. - 90 anni fa la morte del giovane Carabiniere a Filo
16.05.14 - Dedicato a Maria Margotti – a.v. - 65 anni fa la morte della bracciante filese
19.05.14 - Fiori ed onori ad Albino Vanin – a.v. -  La commemorazione nei 90 anni dalla morte a Filo del giovane Carabiniere
23.05.15 - Un secolo fa, il 24 maggio 1915 - L’Italia nella Grande Guerra, di Agide Vandini e Beniamino Carlotti
26.05.15 - La guerra di Sintùla– a.v. -Caduto a vent’anni in combattimento, alle pendici del Monte San Michele


Gli «Amarcord» del partigiano «Condor»(Giovanni Pulini):
19.12.14 - Partigiani e contadini - Gli «Amarcord» di Giovanni Pulini, partigiano filese (1)
21.12.14 - Requisizioni e spinosità del dopoguerra - Gli «Amarcord» di Giovanni Pulini, partigiano filese (2)
26.12.14 – Storia di due padroni - Gli «Amarcord» di Giovanni Pulini, partigiano filese (3)
29.12.14 – Mario Babini ed Antonio Meluschi– Gli «Amarcord» di Giovanni Pulini, partigiano filese (4)

La tragedia del Laconia:
18.09.08 - Un filese nell'affondamento del Laconia, 1942 - a.v.- Lo scenario di guerra ove fu disperso Silvino Felloni.
20.11.09 - Rintracciato il foglio matricolare di Silvino Felloni – a.v. -          Ulteriori notizie sul caduto filese del Laconia.
25.04.08 - Il restauro del monumento ai Caduti e la nuova stele ad Agida Cavalli - Il mio discorso celebrativo - a.v -
10.10.09 - Quei morti sulle mine tedesche - a.v. - Il sacrificio dei filesi caduti per le mine tedesche
13.09.11 - A Cà Malanca nel ricordo dei nostri partigiani - a.v. - I filesi pongono una targa ricordo al Museo
05.12.11 - Il nonno racconta - Piero Ferrozzi. –Come nacqui sotto le bombe
07.05.09 -  In memoria della nostra Maria - a.v. - 1949-2009, 60 anni fa cadeva Maria Margotti.

Filo 1944-2014:
16.01.14 - Quel tragico 1944 a Filo... - a.v. - Settant’anni dopo, la memoria di un paese martoriato (1)
23.01.14 - Un paese da bastonare... - a.v. - Settant’anni dopo, la memoria di un paese martoriato (2)
29.01.14 - Filo 1944 – Arrivano le Brigate Nere... - a.v. - Settant’anni dopo, la memoria di un paese martoriato (3)
05.02.14 - Filo 1944 – Il vile agguato a Mario Babini... – a.v. - Settant’anni dopo, la memoria di un paese martoriato (4)
11.02.14 - Filo 1944 – L’eccidio dei dieci ostaggi... – a.v. - Settant’anni dopo, la memoria di un paese martoriato (5)

Filo e Romagna:
13.11.07 - A sen di Rumagnul…         - a.v. - Il punto sul controverso Confine Nord della Romagna
07.04.08 - «Romagna», «Romagnola» e confine settentrionale - a.v. - Appunti sull’area culturale romagnola.
16.08.08 - La Romagna ci dimentica – a.v. – Filo d’Alfonsine ( o di Romagna) non esiste più…
02.07.10 - Perché Filo è diviso in due? - a.v. - La prima serata filese de’ “I Talenti”

Medioevo, Chiese e Sacerdoti:
21.11.07 - Don Lolli cappellano - a.v. - il grande sacerdote a Filo, ai primi del ‘900
26.08.09 - Cosa mi disse l’Ing. Gualandi – a.v. e Vanni Geminiani - L’edificazione della chiesa di Filo
13.02.11 - Foto-Gallery di Sant’Agata e non solo – a.v. - Una Monografia dedicata alle otto chiese di Filo
26.03.11 - Le piantine con le otto chiese di Filo- a.v. - Un aiuto a chi ha qualche dubbio
14.10.12 - Quando a Filo si pescavano gli storioni – a.v. – Com’era il territorio prima degli sconvolgimenti di fine ‘700
08.01.09 – L’antico Hospitale di San Giovannia Filo – a.v. - Monografia sulla sua storia e sulla triste fine.

Curiosità, cronache e documenti:
01.12.07 - Cosa può raccontarci la S-ciapeta -         a.v. - Cosa si nasconde dietro l’appellativo di una borgata filese.
24.03.08 - Romagna turbolenta, la signoria dei Da Polenta -  Paolo Canè - La dinastia che cedette la Riviera di Filo
03.09.08 - Pellagra e dintorni – a.v. – Parole e documenti che ci ricordano il terribile morbo
10.11.08 - Lamentele filesi datate 1920         a.v. - Cambiato tanto o cambiato poco? I servizi pubblici a Filo.
11.02.09 - Il campanile che non c’è più ... - a.v.– Abbattuto 80 anni fa e mai più ricostruito
23.02.09 -  A tu per tu con Vincenzo Monti … -  a.v. – Curiosità intorno al battesimo alfonsinese del poeta.
22.01.09 - Un’antica moneta riemerge da Po vecchio - a.v.– Trovata a Case Selvatiche, è datata al 1612
15.04.09 - Accadeva 160 anni fa. - a.v. - Il 30 aprile 1849 il Comune di Filo aderiva alla Rep. Romana.
25.04.09 - Quel giorno, 64 anni fa … - a.v. - 14 aprile 1945, una testimonianza della Liberazione di Filo.
26.10.09 - Le opere filesi del maestro Angelo Biancini - a.v.- Un patrimonio prezioso da difendere
12.12.09 - Quel gesto generoso di Sante e Frazcula -a.v. - Correva l’anno 1908, in un macero da canapa …
19.02.10 - Correva l’anno 1820… - a.v. - Tuoni, fulmini e saette sull’argentano
20.03.10 - La storia di famiglia dell’Avv. Cav. Giuseppe Vandini - a.v. - Ricerca sull’illustre argentano
23.05.11 - Alla scoperta del territorio - a.v. - Una bella serata a San Bernardino di Lugo
07.08.11 - C’è un Laghetto alla Garusola - a.v. - Un’area naturalistica a due passi da noi

Mappe, toponomastica e segnaletica (a.v.)
01.03.08 -  (1)   Introduzione  articoli dedicati al territorio filese:  http://filese.blogspot.it/2008/03/quanti-errori-nelle-nostre-mappe.html
07.05.08 -  (2)   Per una migliore segnaletica e cartografia: http://filese.blogspot.it/2008/05/per-una-migliore-segnaletica-e.html
03.07.08 -  (3)   Sez.1: Rossetta, Case Selvatiche e Vallone: http://filese.blogspot.it/2008/07/rossetta-case-selvatiche-e-vallone.html
15.08.08 -  (4)   Sez.2:   Il Borgo Ravegnano: http://filese.blogspot.it/2008/08/il-borgo-ravegnano.html
06.10.08 -  (5)   Sez.3:   Il Borgo Maggiore: http://filese.blogspot.it/2008/10/il-borgo-maggiore.html
10.11.08 -  (6)   Sez.4:   Il Borgo «Molino»: http://filese.blogspot.it/2008/11/il-borgo-molino.html
01.12.08 -  (7)   Sez.5:   La «Garusola»: http://filese.blogspot.it/2008/12/la-garusola.html
29.01.09 -  (8)   Sez.6:   La Chiavica di legno: http://filese.blogspot.it/2009/01/la-chiavica-di-legno.html
09.03.09 -  (9)   Sez.7:  Sant’Anna: http://filese.blogspot.it/2009/03/santanna.htm
09.04.09 - (10)  Sez.8:  Il «Mantello» filese :http://filese.blogspot.it/2009/04/il-mantello-filese.html
21.01.11 - Le strade di Filo d’Alfonsine – a.v. -  Cosa ci ricordano i nomi delle nostre strade
26.08.11 – Per le vie di Filo – a.v.  - L’ultima serata dei “Talenti filesi”

Indice 2007-2015 : C’era una volta

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C’era una volta- Annate: 2007-2015

Articoli del blog dedicati al folclore, alla gente, alle usanze, al dialetto,  ai personaggi del territorio


Data – Titolo dell’articolo / Autore / Contenuto / Link per l’accesso diretto

Dietro qualche vecchia foto:
13.09.07 - L’album della vecchia fornace - a.v. - Note sulla mostra di foto del 1961 della fornace abbattuta.-
01.03.08 - Una foto una storia (1) - a.v. - Amilcare Ricci, Salonicco 1944
30.03.08 - Una foto, una storia (2) - a.v. - La vecchia marmora delle valli, ricordi e vicende storiche.
26.05.08 - Una foto una storia (3) - a.v. - Foto di famiglia datata 1915 con la bisnonna Lucia Bergamini (Luzijna)
03.08.08 - Una foto, una storia (3bis) - a.v. - Donne tornano dalla pompa al Baruffino. Anni ’40.
15.09.08 - Una foto una storia (4) - a.v. - Quelle partite di calcio sull’aia…
29.10.08 - Cinquant’anni fa una gita scolastica -       a.v. - Correva l’indimenticabile anno 1958
25.05.09 – Una foto, una storia (4bis) - a.v. - Silvano Rossi sulle ginocchia di Uber Bacilieri (1956).
28.07.09 – Una foto, una storia (5) – a.v. -  Filo, 1949, si manifesta per la pace
27.02.10 – Foto preziose d’altri tempi - a.v. - Tre chicche dall’album di famiglia
10.04.10 – I primi anni ’60 in tre foto di scuola - Daniele Alberti - Dall’album dei ricordi  
09.05.10 -  Gioventù filese nella golena del Po - a.v. - Come ci si divertiva oltre mezzo secolo fa

Ricerche e Ricordi:
04.10.07 - Cultura, tradizione e storia di una famiglia filese - B. Carlotti - I Vandini (Garušlir), vecchia famiglia di Filo.
03.08.09 – Com’era il mio paese – a.v. e Vittoria Corelli - Ricordi di un tempo e di una infanzia felice
11.08.09 – L’aqua bóna de’ Trumbòñ -  a.v. e Orazio Pezzi - Storia e poesia intorno alla vecchia fonte filese
18.08.09 – Filo, via Chiesa nel primo ‘900 - a.v.  - Note intorno a foto panoramiche e cartoline d’epoca
14.09.09 – Quando la spiaggia era Casalborsetti… - a.v. - Quando ci si ritrovava al mare a due passi da casa.
11.11.09 – Ricordando il tempo delle bietole – a.v. - Il vecchio zuccherificio di San Biagio d’Argenta.
27.07.10 – Una favolosa giornata… - Sofia Naponiello  - Coi miei zii sul fiume Rabbi
26.09.10 – Insieme ancora una volta …- a.v. - L’annuale ritrovo della Vecchia «Banda del Gelato alla Fragola»
01.03.11 -  A Filo tornano le corse in bicicletta… - a.v. - Un’iniziativa de’ “Il cavallino bianco”
25.11.11 – Amarcord a Giovecca di Lugo …- a.v. - Un simpatico ritorno alla pizzeria «Happy Valley»
29.02.12 – Ti ricordi il tuo vecchio paese? – a.v. – Storia e Geogr. Territorio –   Com’era il Borgo Maggiore di Filo
05.07.12 – Quando furoreggiava il circo Bidoni...- a.v. - C’era una volta – Guardando una rara foto dei primi anni Quaranta
07.02.13 - Filo, l’asilo e Don Jušèf... – a.v.  e Vanni Geminiani - Un ricordo degli anni del dopoguerra e del nostro parroco nel 60° della morte
16.03.13 - Quando a Filo si andava a teatro...  – a.v. - Storie e foto - ricordo di vecchie compagnie di attori filesi (1)
26.03.13 - Il teatro nel primo 900 a Filo – a.v. - Storie e foto - ricordo di vecchie compagnie di attori filesi (2)
30.07.13 – I vecchi tempi della Vinzinzona – a.v. – Alcune foto e documenti, un paio aneddoti e tanti ricordi
24.09.13 -  Calimero, Maramaldo e un Amaracord –a v. – I tempi della battaglia col Frampùl
23.12.15 - Letterona di Natale - Amarcord filese dedicato al Palazzone di Aderitto Geminiani

Personaggi:
28.10.07 - Cömo - a.v. - Ricordo del narratore e intrattenitore filese Ricci Maccarini Mario (Cömo)
21.11.07 - Don Lolli cappellano - a.v. - il grande sacerdote a Filo, ai primi del ‘900
07.12.07 - Martin- a.v. - Ricordo del narratore filese Martin (Ezio Natali,1908-1936)
17.01.11 –  Un’immagine inedita di Martìñ… -  a.v.  – Una bella e preziosa foto anni ’20 del personaggio.
07.03.08 - Le «mondine di Filo» e i loro canti - a.v. - Le lotte, le canzoni, il coro che portò il nome di Maria Margotti
12.04.08 - Addio a Suor Giulia - a.v. -           Ricordo di Suor Giulia Giulietti, la nostra suora più amata.

Dedicati a Giovannino Tarozzi:
13.01.09 – Il filese d’acciaio… - a.v. –Giovannino Tarozzi l’uomo dei bagni di Capodanno.
26.09.09 – La lunga marcia di Giovannino -  a.v. - La tentata incredibile impresa di Giovannino Tarozzi
02.01.10 –  Quel picchiatello di nome Giovannino… -  a.v.  –Bagno di Capodanno e non solo, nelle acque dell’Adriatico.
13.08.12 – Ciao vecchio Johnny... - a.v.  -  Attualità filese – Se n’è andato un carissimo amico
14.08.12 – Ciao caro vecchio amico – Beniamino Carlotti - Attualità filese – In ricordo di Giovannino Tarozzi 
13.01.14 – Omaggio di Capodanno a Giovannino   - a.v. – Un mazzo di fiori per un vecchio amico


15.07.09 – I nuveñt’èn de’ Schéz  - a.v. e B. Carlotti - I novant’anni di Elio Brunelli.
21.09.09 – Ciao, caro, indimenticabile Vašio - a.v. –Se ne è andato un amico
02.11.09 – Gonippo, il Dottor Fiorentini e i tempi dell’Asiatica – a.v. - A proposito dell’influenza.
04.12.09 – La storia di Pépo -            a.v. -  I ricordi di naia di Giuseppe Taroni
05.02.10 – Una carpa da brividi… - Gabriele Andraghetti . – A j ò tiràt sò una göba da incurnišê…
08.03.10 -  Una famiglia di musicisti che veniva da Filo -  a.v. e B.Carlotti  Personaggi filesi   L’orchestra Coatti nel folclore romagnolo
01.05.10 – Gelati che passione …-  a.v. e B.Carlotti  –La bella storia di Cianì, gelataio filese
15.05.10 – La simpatia innata di Sintòñ-  a.v.  –Un personaggio filese da non dimenticare
06.11.10 – Dedicato a Paolo Barabani …-  a.v.  – L’uomo, piccole e grandi cose intorno all’amico e cantautore filese
16.05.11 – I trascorsi filesi di Ziridöni-  a.v.  – Nuovi spunti e documenti sul noto personaggio
Monografie:
Loris Rambelli, Paesaggio con figure (32 pagine): http://www.scribd.com/doc/55540319
Giovanna Righini Ricci, Ziridöni (4 pagine): http://www.scribd.com/doc/55351186
Agide Vandini, I trascorsi filesi di Ziridöni (10 pagine): http://www.scribd.com/doc/55543424

23.11.15 - Tugnàz dla Garušla- a.v. - Una forza della natura, un mito della campagna filese

Dialetto, usanze tradizioni:
03.12.07 - Quando a Filo si pregava in dialetto… - Luciana Belletti -           Rievocazione di una vecchia preghiera popolare
18.12.07 - E’ zöch d’Nadêl - B. Carlotti - Rievocazione delle tradizioni locali legate al ceppo di Natale
29.12.07 -  Le antiche calàndar - a.v. - Ovvero: le antiche previsioni meteo fai-da-te…
05.02.08 - Due canti popolari - a.v. - Due testi: «In mezzo al pra’» e «Vogliam vedere il bosco»
05.02.08 - Sant’Agata che maliconia - a.v. - Rievocazione dell’antica e tradizionale festa del Patrono.
08.02.08 - Gli antichi racconti delle stalle…. - a.v. - «Leonzio e la terribile vendetta di un morto» racconto «da pavura»
03.07.08 - Quando l’amore è cieco… - Paolo Canè - Cosa può esserci dietro ai detti e proverbi dialettali
09.09.08 - Il carrettiere del tempo antico -  a.v. – Un affettuoso ricordo del nostro Šbruzai
01.01.09 -  E’ Capodanno -  a.v Detti e tradizioni romagnole di inizio d’anno.
21.03.09 - Il denaro di una volta… a.v. – Il denaro che vive ancora nel nostro dialetto.
30.04.09 -  Per capire la lapide di Masiera – a.v. e Angelo Minguzzi - Il dialetto per una lapide che ci riguarda.
09.07.09 - Una nuova ortografia per i dialetti romagnoli- a.v.- Le soluzioni di Daniele Vitali
09.07.09 - Peculiarità del dialetto tipico filese – a.v. - Varianti locali rispetto alla Romagna Centrale.
29.12.09 - E’ tempo di tressette… - a.v. –Trisët, bëcacino e marafõ, e suoi derivati, in Romagna
14.02.10 - C’est égal… Scherzi del dialetto – a.v. – Come andò davvero la storia della Catarina d Lucchi

Indice 2007-2015: Favole poesie e racconti

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Favole, Poesie e Racconti- Annate: 2007-2015
Favole, poesie e racconti che si richiamano al nostro ambiente, al territorio, alla sua gente


 Autore;  Data – Titolo dell’articolo / Contenuto / Link per l’accesso diretto

Agide Vandini:
28.10.07 - La Fôla d’Mingon ... - Mingon e la principessa degli indovinelli (nella versione di Cömo)
15.03.08  - Mêrz int la val, poesia dialettale dedicata ad un ambiente naturale che non c’è più
19.11.08 - La piadina rumagnôla - Una buona ricetta fra storia e versi pascoliani.
24.11.08 - E’ fat ad Bigiöla - Minghetti Luigi (senior) e la sua storia verissima
27.11.09 - Quando l’URSS faceva ancora sognare … -         Una zirudëla degli anni ‘50
30.03.10 - E’ tempo di “Non ti scordar di me” - La leggenda dei fiori di campo in una vecchia poesia
23.05.10 - Siamo europei, ma... - E’ bšogna magnê un sàc ad sêl insèm, prema d cgnòsar òñ
04.10.10 – Sonetti e dialetto sotto le stelle …- Alcune mie poesie lette ai filesi
10.10.15 - Un’antica favola che ci è cara - La fôla dagli ucarìñ ch’agli andéva a nöz a Bànd - disegni di Romano Saccani Vezzani

Orazio Pezzi:
21.11.07 - Due belle poesie - “Filo” e “Campagna”, poesie dedicate al nostro territorio.
01.12.08 - Due poesie su cui meditare -         «Me e la machina» e «Qui Siamo»
09.04.09 – Tre fantasie poetiche –  «D’Infinito», «Giorni d’amore», «Cieco»
17.05.09 – Non sempre i miracoli vengono a fagiolo - Composizione dialettale.
16.06.09 – Pane e olio –  «Quattro Luglio» e «Le tre rose»
11.08.09 – L’aqua bóna de’ Trumbòñ/ a.v.e Orazio Pezzi -Storia e poesia intorno alla vecchia fonte filese
03.10.09 – Bellezze filesi mozzafiato -  Poesia dialettale «Dö Rumagnôli»
02.03.11 – Il ricordo della mamma - Poesia
23.04.11 – Un cuore che batte in dialetto – Due nuove composizioni “Pane e olio”
16.08.12 – Johnny par piasé... – Poesia dialettale
06.09.12 – Ma dove son finiti i brusacùl? - Una bella poesia e qualche meditazione
16.09.12 – Giovanni Pascoli, grande romagnolo  - Ricordo del poeta nel Centenario della morte
06.11.12 – Ma quale fine del mondo? –Una bella poesia dialettale
21.12.12 – Che sarà mai la fine del mondo – Una vignetta di Angelo Minguzzi e una poesia
31.12.12 – Arriva il 2013 – In una poesia dialettale uno speciale augurio ai filesi
03.12.13 - La môrt de’ ninèñ (La morte del maiale) - Racconto in dialetto filese di Orazio Pezzi
31.12.14 - Una poesia di Orazio Pezzi e…  Gli auguri di Arianna
05.01.15 - La «Vëcia» (La Vecchia) - Racconto in dialetto filese di Orazio Pezzi
04.03.15 - E’ dĕ ch’a sö nêd (Il giorno in cui son nato) - Racconto in dialetto filese di Orazio Pezzi
01.04.15 - E’ cino (Il cinema) - Racconto in dialetto filese di Orazio Pezzi

Ezio Natali (Martìñ):
14.01.08 – Nasi e nasoni che ci fanno ancora sorridere… - a.v. – La parodia dei nasi filesi anni ’30 di Martin.


Angelo Minguzzi:
03.01.08 – Nadêl l’è un segn (e’ métar de’ Signór)– Poesia di Anžul d’Zižaron d’Mašira.
15.02.08 – Una bella zirudëla scritta per noi.. – Filastrocca dedicata alla nostra Irôlavirtuale
30.03.08 – E’ mi Signór… - Poesia dialettale.
13.07.08 – Quando un frutto diventa poesia… - Poesia dialettale dedicata alle pesche romagnole
20.12.08 – L’è Nadêl…           - Messaggio augurale e canto natalizio in dialetto
10.01.10 – Tempo d’inverno … - Due belle poesie per l’«Irôla»

Antonina Bambina:
10.10.08 – Lettera e poesia da Alcamo -        Un cuore filese ed un’emozionante poesia: Filo 1945.
15.04.09 – Alla gente di Abruzzo -   Poesia dedicata al terremoto
14.03.09 – Ci scrivono da Alcamo –  Fra bellezze siciliane e bellezze romagnole
17.10.09 – Povera gente di Messina – Una poesia dedicata al nubifragio.
19.12.09 – E’ un bianco Natale -  Versi, riflessioni e auguri natalizi.
29.01.11 – Sant’Agata a Filo, profumo di passato – Una poesia dedicata al ritorno dei festeggiamenti

Remo Ceccarelli:
21.10.08 – Storia di un «romagnolo dentro» - Remo Ceccarelli -      Sintìs rumagnul in Lusemburgh

Dario Lusa:
26.01.10 – I bei giorni di San’Agata – Lontani e dolci ricordi in poesia

Fulvia Signani:
28.08.10 – Quando il dialetto può diventare un Grande dono … - Fulvia Signani -  “Un regalo impagabile”

Settimio Coatti:
03.05.11 – C’è anche una “poetica” del Lavoro- a.v. - Le poesie dialettali e i disegni di Settimio Coatti

Giovanni Pulini:
16.04.15 - La «Maratona» - Anno 1993, fra Natura e Memoria, di Giovanni Pulini
07.05.15 - Il tandem - Memorie dal  «Quaderno» di Giovanni Pulini
05.06.15 - Il Dopoguerra e la Ricerca del lavoro - Memorie dal  «Quaderno» (2) di Giovanni Pulini
28.07.15 - Bulow e gli Spinaroni - Memorie dal  «Quaderno» (3) di Giovanni Pulini
10.08.15 - Un allegro Ferragosto - Memorie dal  «Quaderno» (4) di Giovanni Pulini
20.08.15 - Il mio ricordo di Céncio Lazzari - Memorie dal  «Quaderno» (5) di Giovanni Pulini

Indice 2007-2015: Sport & Calcio Rossoblù (e dintorni)

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Sport & Calcio Rossoblù (e Dintorni)- Annate: 2007-2015
Articoli dedicati al calcio e allo sport  

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Corsivi del filese / a.v. /:
15.10.07- Quando la dedica la dice lunga…-Corsivo storico-scherzoso dedicato a Nicola Mingazzini /
05.11.07 - Blìgul e turtlen. - Corsivo storico-scherzoso dedicato ai canarini modenesi.
02.01.08 - Tör e zentratach -  Corsivo storico-scherzoso dedicato alle torri bolognesi, calcistiche e non…
03.06.08 - Il duro mestiere del profeta - Corsivo storico-scherzoso dedicato alla promozione del Bologna.
18.02.12 – Luci e (e topiche televisive...) a San Siro -  Tre gol a San Siro, corsivo del “filese”
12.03.12 – Rifiuti & Cicles -Lazio – Bologna 1-3, corsivo del “filese”

Amici del forumrossoblù:
26.05.08 - Quando si dice il karma… - Claudio Afroditi - Diario di una sofferta giornata tinta di rossoblu.
11.06.08 - E il tappo volò via… -  Domenico Mongardi - Dialogo tra un tifoso ed una bottiglia di spumante.
03.08.08 - Intervista a «Il Filese» - Jacquesdemolay -Direttamente dal Forumrossoblu

Non solo calcio:
08.12.08 - Prima che finisca il cinquantenario…       / a.v. /Un caro ricordo di Ercole Baldini campione del mondo
22.06.09 – Omaggio a Francesco Cavicchi… / a.v. /A 54 anni dalla sua grande impresa.

Ricordi e Avvenimenti:
06.09.09 – Quella strana partita di calcio / a.v. /Uno storico incontro fra arbitri che si disputò a Filo.
26.02.09 – Ciao «Bulgaro»… ... / a.v. /Ricordo del grande Giacomo Bulgarelli
25.08.12 -  In bocca al lupo vecchio Bologna!!! - a.v. - Calcio rossoblu e non solo – Un augurio speciale da due... Leoni
02.10.12 – Noi, e gli eroi leggendari del pallone – Orazio Pezzi e a.v. - Calcio rossoblu e non solo – Il mito del Grande Torino
10.04.14 - Il calcio storico filese finalmente in rete… - a.v. - Antiche emozioni in 8 mm nel filmato che girò l’amico Lucio Leta
16.04.14 - Altri particolari del filmato… - a.v. - Appendice alla presentazione del film in 8 mm di Lucio Leta
03.06.14 - Promosso il calcio filese…- a.v. - Vinto il Torneo che dà diritto alla 2° Categoria
03.07.14 - Vecchie storie di calcio a Filo (1)… - a.v. - Foto, aneddoti e notizie storiche del calcio filese che abbiamo amato
01.08.15 - Tinèla e la partita delle banane - Un fàt e’ véra, in dialèt, cuntê da Orazio d’Pezzi
Note, traduzione e trascrizione (nella fonetica autoctona filese) di Agide Vandini


Calcio & Vignette (/ a.v. /in collaborazione con Romano Saccani Vezzani):
13.11.12 – Se Atene piange... - a.v. - Vignetta e  lavori di Romano Saccani Vezzani, disegnatore umoristico
19.11.12 – Bologna alla riscossa - BOL-PAL 3-0: vignette di Romano S.V. e corsivo del “filese”
28.11.12 – Incidente sulla strada di Parma - Parma-Inter 1-0: vignetta di Romano S.V. e corsivo del “filese”
04.12.12 – Tre punti in saccoccia - BOL-ATA 2-1; INT-PAL 1-0: vignette di Romano S.V. e corsivo del “filese”
 18.12.12 – Un bel tris... - NAP-BOL 2-3; LAZ-INT 1-0: vignette di Romano S.V. e corsivo del “filese”
 24.12.12 – Il distacco aumenta... - INT-GEN 1-1: vignetta di Romano S.V. e corsivo del “filese”
08.01.13 - Anno nuovo ... Vita vecchia
13.01.13 - Si torna a vincere
21.01.13 - Pace e bene a Roma.. - Non hanno voluto farsi del male...
28.01.13 - C’è pareggio e pareggio -
04.02.13 - Palòñ e puletica...
11.02.13 - Giornate interlocutorie
18.02.13 - Mal di trasferta e non solo
27.02.13 - Benvenuti alla Fìra ‘d San Lazaros...
04.03.13 - Tre gol e avanti tutta...
12.03.13 - Alleluja...
18.03.13 - Ubi major...
04.04.13 - Un turno in bianco e nero... 
09.04.13 - Vengo anch’io, no tu no…
16.04.13 - Le sentenze si avvicinano
22.04.13 - Punti e spunti importanti...
29.04.13 – Vorrei tanto ma non posso
06.05.13 – C’è modo e modo
09.05.13 – Solo tre, evviva!
13.05.13 – Passata è la tempesta
20.05.13 – Stagione in archivio
02.09.13 – Chi c’è e chi non c’è
02.09.13 – La giornata dei portieri
17.09.13 – Pareggi incoraggianti
24.09.13 -  Calimero, Maramaldo e un Amaracord
27.09.13 – Chi scende e chi sale
30.09.13 – AAA Bologna cercasi
07.10.13 - Una pioggia di gol
22.10.13 – Toccato il fondo
28.10.13 – Si torna a vincere
31.10.13 – Mirabilie dalla Sardegna
05.11.13 – Giornata interlocutoria
11.11.13 -  Via Curcis
26.11.13 - Buon pareggio
02.12.13 - Chi non perde e chi non vince
17.12.13 - Batoste inquietanti
23.12.13 - Vittorie che pesano
08.01.14 -  Si ricomincia proprio male
14.01.14 - Coi brodini si fa poca strada…
20.01.14 - Quei gol nel finale…
27.01.14 - Se mancano le munizioni…
03.02.14 - Cadono le braccia…
10.02.14 - Alleluja… Deus vult!
17.02.14 - Chi impreca e chi gode…
24.02.14 - Al di là del risultato…      
03.03.14 - Il gol questo sconosciuto…
11.03.14 - Sarà battaglia fino alla fine…
17.03.14 - Inter a vele spiegate, Bologna affonda…
24.03.14 - Il miracolo di Lazaros…
29.03.14 - E’ un incubo…
03.04.14 - La discesa continua…
06.04.14 - Un pareggio a San Siro…
14.04.14 - Fasi cruciali…
20.04.14 - Il Sassuolo non ci sta…
27.04.14 - Se i ragni avessero i denti…
05.05.14 - Il supplizio è al culmine…
11.05.14 - Mesto addio alla serie A…
19.05.14 - Fine dell’agonia…

Indice 2007-2015: Presentazioni ed Attualità

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Presentazioni e Attualità- Annate: 2007-2015
Annunci, guide, presentazioni e attualità filese  

Data – Titolo dell’articolo / Autore / Contenuto / Link per l’accesso diretto

Presentazioni e Guide / a.v. /:
12.09.07 - I libri di Agide Vandini - Opere pubblicate: titoli, prezzi, reperibilità, contenuti –
13.09.07 - Perché un blog del «Filese»          - Cosa vuol essere il blog –
13.09.07 - Ai margini della grande storia / Rita Tamba /Conversazione con A.Vandini, brani di alcune opere –
18.12.07 - Incontro ad Argenta - Presentazione ad Argenta de’ «La valle che non c’è più»
29.12.07 - L’irôla, simbolo del blog -L’arola del focolare diviene simbolo del blog. Motivazioni e significati
11.02.08 - Autentico successo per “L’intrigh dla Ciavga d’Legn” - La “prima” della commedia «filese» di D.Tasselli
03.04.08 - L'intrigh dla Ciavga d'Legn ad Alfonsine - La commedia rappresentata ad Alfonsine per beneficienza.
27.10.10 – Un nuovo battesimo per Giancarlo Spagnolini... - Il neo romanziere è una vecchia conoscenza.
11. 03.11 -  Un Meteo dedicato a Filo - Una chicca in più per gli internauti filesi
16.02.12 – Piccola guida per il lettore dell’Irôla - come navigare all’interno del blog
30.04.14 - I «Quaderni» dell’Irôla - a.v. - Come si potranno raccogliere gli approfondimenti del blog


Eventi e Commenti dei nostri giorni:
10.10.07 - Faremo tutti come Palutina? - a.v. -          Le pietose condizioni della Provinciale per Filo-Longastrino
10.10.07 - Festa per la «Banda del Gelato alla Fragola» - a.v. -         La combriccola filese degli anni ’60 che si ritrova ogni anno.
15.10.07 - Palutina può gettare la spugna… - a.v. - Dopo la parziale sistemazione della Strada Provinciale
05.11.07 - Risparmiatori defraudati - B.Carlotti e a.v. -         Dal vecchio caso Giuffrè al recente crac Coop.Costruttori.
08.02.08 - L’economia filese fra presente e futuro -  a.v. - Il convegno sul tema organizzato dalla Fondazione «Primaro»
15.04.08 - Elezioni politiche a Filo - a.v. - Risultati elettorali filesi (dati aggregati di Filo (FE) e Filo (RA).
06.05.08 - Rivediamo le foto di scuola - a.v. - Annuncio mostra fotografica: « Gruppi scolastici filesi in bianco e nero »
15.06.08 - Cento candeline per nonna Marcella  - a.v. e B. Carlotti - Omaggio alla neo centenaria nata a Chiavica di L. di Filo.
04.05.09 – Il periodico «Dintorni» parla di noi - a.v. –L’«Irôla» finisce sulla carta stampata.
03.06.09 – Complimenti alla «Geppa» - a.v.-  L’ultracentenaria filese prossima ai 103 anni.
04.06.09 – Un appuntamento da non mancare –a.v. -Festa «Bellaciao» a Filo
20.07.09 – Luoghi e gente del filese - a.v. - Le premiazioni al concorso fotografico di « Filo è festa ».
16.01.10 – Inaugurato l’impianto sportivo di Filo - a.v. - Un paese che vuole rinascere anche in campo sportivo
05.02.10 – Una carpa da brividi… / Gabriele Andraghetti . /A j ò tiràt sò una göba da incurnišê
13.03.10 – Una sala dedicata a Pëcia (Werter Leoni) - a.v. - Inaugurata a Filo la rinnovata Casa del Popolo ravennate
25.04.10 – E’ ormai tempo di sagra… - a.v. - Tutti alla rinomata Sagra del pesce azzurro
06.06.09 – Novità per l’estate filese... - a.v. - Interessanti iniziative dei due consigli di frazione
18.08.10 – Una bella serata ... - a.v. - Si è chiuso con successo il ciclo dedicato ai Talenti filesi
29.12.10 – Sant’Agata : ritorno ad una Festa antica - Fulvia Signani - A Filo già fervono i preparativi
31.01.11 – Reclutamento per ‘Legati da un Filo’ – Fulvia Signani -  Festa di Sant’Agata e non solo
19.02.11 – Amici per il midollo – Fulvia Signani. – Dedicato a chi sa donare al prossimo
20.03.11 – I cent’anni di Zio Pippo - a.v. - 20 marzo 2011, una festa speciale
13.04.11 – Il programma della Sagra di Filo - a.v.  -  Ormai prossima la Sagra del Pesce Azzurro 
15.05.11 – Riproposta la mostra fotografica del 2005… - a.v. - “Filo: Lotte Agrarie, Antifascismo e Resistenza” ad Argenta
24.05.11 - Per il referendum del 12-13 giugno-  Agnese Brunelli  – Un’iniziativa al parco GP Coatti
26.05.11 – Festa della Madonna del Rosario - a.v. -  Domenica 29 maggio – Parrocchia S.Agata Filo
25.06.11 – I “Talenti Filesi” dell’Estate 2011  - a.v. - Ecco il programma
19.09.11 – Sagra degli antichi sapori – a.v. -  Le date e il programma
21.12.11 – Le feste di fine anno in paese-  a.v.  – Il Comitato «Legati da un Filo» annuncia le sue iniziative
30.01.12 –  E’ festa a Filo -  a.v.     Il programma di Sant’Agata 2012.                   LINK
11.02.12 – C’è un po’ di Filo nel presepe di Fossalta – a.v. -  Meritato riconoscimento ai parrocchiani di Don Romeo Cantelli
06.04.12 -  Festa per la Liberazione di Filo - a.v. - Il programma di Sabato 14 Aprile
30.04.12 – 14 aprile, anniversario della Liberazione – a.v. - Una bella festa a Filo
02.05.12 -  Sagra del Pesce Azzurro 2012 - a.v. - La 27ma Edizione della Sagra filese
10.06.12 – Benvenuto Morgan - a.v. - Un nuovo amico a tre mesi dalla scomparsa di Athena
21.08.12 – Fra pochi giorni a Filo… - a.v. - Sagra degli antichi sapori 2012
22.08.11 – D’estate a Filo: Cineforum e Talenti-  a.v.  –Gli appuntamenti di questa settimana
30.08.12 – D’Estate a Filo: La mia America -  a.v.  – Stasera a Filo chiude la rassegna 2012
02.09.11 - Invito a Cà Malanca - a.v. - Sui monti di Romagna si ricorda la  battaglia di Purocielo
10.12.12 – Il ritorno del fantasma – La riapparizione del Berlusca : vignetta di Romano S.V. e corsivo del “filese”
30.01.13 - C’era una volta...la puletica... - La campagna elettorale vista da Romano S.V.
20.02.13 - Ultimi battibecchi - Titoli di coda per la campagna elettorale - vignetta di Romano Saccani Vezzani
27.05.13 - Il debutto di Gigi e Lara - Le foto alla Casa di Riposo di Bagnacavallo
29.05.13 - Don Gallo – Romano Saccani Vezzani - Alle soglie del Paradiso
01.06.13 - Due vignette senza parole - Romano Saccani Vezzani -
27.10.13 - Sagra degli Antichi Sapori 2013 - Una Nuova Edizione della sagra autunnale filese
09.12.13 - Le Primarie Democratiche a Filo.. - I risultati delle votazioni
22-03-14 - Zio Pippo ne fa Cento e Tre… - a.v. - Festa di compleanno alla Casa di Riposo di Alfonsine
14.04.14 -  A 69 anni dalla Liberazione a Filo… - a.v. - Una bella festa alla Casa Comunale 
25.04.14 - Sagra del Pesce Azzurro 2014 – a.v. - La locandina
10.05.14 - Ali filanti nel nostro cielo … - Gian Paolo Vanzini - Un articolo di «Dintorni» dedicato al nostro Campo di Volo
10.05.14 - Che serata al Cantòñ de’ Paradiš… - a.v. - Con Angela Corelli e l’Allegra Compagnia «Canta che ti passa»
15.10.14 - Sagra degli Antichi Sapori 2014 – a.v. - La sagra autunnale filese
20.12.14 - Oggi è sceso un angioletto… - a.v. - E’ arrivata fra noi Arianna Vandini
31.12.14 - Una poesia e… - I primi auguri di Arianna di Orazio Pezzi e a.v.
24.03.15 -  Ciao Carla… - a.v. - L’ultimo abbraccio
26.03.15 – Ringraziamento – a.v. - L’addio a Carla
07.04.15 - Il «Pranzo della Liberazione»- Una iniziativa della Sezione ANPI di Filo
22.04.15 - Liberazione di Filo, 70 anni dopo – a.v. - Il pranzo, la festa, la giornata del ricordo
05.05.15 - “Schegge di pace” – Spettacolo in Piazza del Mercato Argenta, di Fulvia Signani
31.10.15 - Sagra degli Antichi Sapori 2015 - Le locandine

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